Pier Fortunato Zanfretta, metronotte in pensione, deve la sua notorietà al fatto di sostenere di avere vissuto, tra il 1978 e il 1981, undici episodi di incontro ravvicinato del terzo e quarto tipo (IR3/4) con esseri alieni di tipo rettiliano.
Creature verdastre ed orripilanti alte tre metri, con occhi gialli e spine che uscivano dal capo avrebbero portato il malcapitato testimone sulla loro astronave, all’interno della quale ebbe il tempo di osservare animali preistorici e creature antropomorfe sotto vetro, prima di essere sottoposto ad incomprensibili, ma indolori esami medici.
All’epoca dei fatti, Zanfretta prestava servizio presso la cooperativa Istituto Val Bisagno di Genova; i presunti incontri ravvicinati sarebbero avvenuti proprio durante i pattugliamenti che svolgeva per lavoro in città e provincia.
Il primo incontro ravvicinato
Il primo incontro si verifica attorno alla mezzanotte del 6 dicembre 1978; Zanfretta, a bordo della sua Fiat 126, sta ispezionando, come ogni notte, le zone limitrofe al paese di Torriglia, poco lontano dal capoluogo ligure. Sono le undici e trenta di sera; il metronotte decide di imboccare la statale 45 che conduce a Marzano, nonostante il fenomeno della galaverna abbia reso l’asfalto una rischiosa lastra di ghiaccio.
Del resto l’uomo è abituato sia al clima rigido dei monti sia alle insidie della zona, che negli ultimi due anni ha imparato a conoscere. Quella notte però, sarebbe stata diversa dalle altre.
La notte è buia e senza luna, ma il cielo stellato rende meno tetro il brullo paesaggio dell’appennino ligure. Dopo circa un centinaio di metri la guardia giurata si lascia alle spalle l’ultima casa e si ritrova solo in aperta campagna.
È quasi giunto presso la villa Casa Nostra, proprietà di un noto medico genovese, quando i fari della sua auto si spegnono improvvisamente, e con essi il motore. Preoccupato dal guasto del mezzo, Zanfretta è presto catturato da un altro dettaglio allarmante: quattro luci fanno capolino dal retro della villa.
Il metronotte decide immediatamente di mettersi in contatto, per mezzo della radio trasmittente dell’automobile, con la centrale operativa dell’istituto di vigilanza presso il quale presta servizio: «Canguro dalla 68, canguro dalla 68, mi porto dentro la villa: ci sono dei ladri».
Tuttavia, anche la radio risulta isolata e spenta. Dunque, nonostante la paura lo attanagli, Zanfretta si avvicina alla villa con la pila spenta e la sua Smith & Wesson calibro 38 special alla mano.
Il cancelletto del giardino e la porta d’ingresso sono aperti, furtivamente cammina rasente i muri nell’intento di sorprendere i ladri sul fatto. Ma quello che venne sorpreso fu proprio lui, all’improvviso si sente toccare la spalla.
Rapido si volta con la pila accesa e la pistola spianata, pronto a far fuoco se ne fosse stato il caso, ma Zanfretta sbianca in viso, davanti ai suoi occhi si trova «un essere enorme, alto circa tre metri, con la pelle ondulata, come se fosse grasso o avvolto in una tuta molle, comunque grigia, occhi gialli a triangolo, vene rosse sulla testa, orecchie a punta e mani con dita dalle unghie rotonde», come descrisse poi al brigadiere dei carabinieri Antonio Nucchi (comandante della stazione di Torriglia) la mattina seguente.
Preso dal un panico fugge verso l’automobile, che tenta disperatamente di rimettere in moto, senza successo. Tremante, tenta un nuovo contatto radio, che un operatore di turno racconta di aver ricevuto a mezzanotte e un quarto: «Mamma mia quanto è brutto! Non sono uomini, non sono uomini!». L’operatore Carlo Toccalino gli domanda se sia stato aggredito. «No, non sono uomini, non sono uomini…».
Sempre più terrorizzato, il metronotte cerca di spiegare ciò che vede alla radio, ma una luce abbagliante, grande e triangolare si innalza dal retro della villa e lo lascia attonito. Dopo aver emesso un sibilo acuto e con una spinta straordinariamente incredibile, l’oggetto descritto da Zanfretta come un disco luminosissimo, più grande della stessa villa, sparisce nel cielo.
Il metronotte sviene, preda delle fortissime emozioni, e viene trovato, dopo un’ora, dai colleghi accorsi sul posto, steso accanto alla villa e in stato di shock. «Li ho visti, li ho visti», continua a ripetere, mentre lo portano via.
Durante il sopralluogo, nel cortile dell’abitazione, i carabinieri rilevano una grande impronta a forma di ferro di cavallo del diametro di 2-3 metri, che definiscono nel rapporto come «il segno lasciato da un elicottero o qualcosa di grosso che si è posato sul prato adiacente alla casa».
La testimonianza di Zanfretta non rimane a lungo isolata; nel corso dell’inchiesta sul caso, i carabinieri scoprono che non è stato l’unico a vedere qualcosa sopra le alture torrigliesi, un velivolo piatto e triangolare dotato di grandi luci, proprio a quell’ora. Il brigadiere Antonio Nucchi infatti, raccoglie ben 52 testimonianze simili.
Due giorni dopo, l’8 Dicembre, il quotidiano genovese Il Secolo XIX, esce con un titolo a sei colonne: Incontri ravvicinati a Torriglia, il metronotte in breve tempo raggiunge un certo clamore mediatico e viene assillato da continue telefonate; giornalisti, curiosi, schernitori, tutti voglio sapere cosa sia realmente accaduto la notte del 6 Dicembre.
Tra le tante richieste/offerte che Zanfretta riceve, ne prende in considerazione una (affiancato dal giornalista Rino Di Stefano, cronista del quotidiano genovese Corriere Mercantile), quella dell’ipnosi regressiva.
Zanfretta si sottopone all’ipnosi regressiva
Il 23 Dicembre, si reca dal medico genovese Mauro Moretti, che condurrà la seduta di ipnosi (registrata anche su nastro). Dopo le tecniche di rilassamento, l’uomo inizia ad ansimare e a rivivere le scene della notte del 6 Dicembre.
Moretti:
Cosa c’è? Mi racconti. Io sono qui con lei e non può accaderle nulla. Mi racconti cosa vede.
Zanfretta:
Madonna… Perché dovrei venire con voi? Cosa volete farmi? Cosa sono tutte quelle luci? Non voglio. Voi non siete esseri umani, via! Cosa mi mettete sulla testa? Via! Non voglio… Lasciatemi stare…
Non voglio che tornate. Non posso dirlo? Si…farò come voi volete… Datemi una prova… Non mi crederanno… Quante luci… Via! Via! Via quel coso dalla testa. Aspetterò che tornate… Che caldo. Via quel coso dalla testa… Via! Siete dei mostri… Voglio andare a casa. La mia pila…
Sembra che Zanfretta stia ricordando dettagli a lui ignoti in stato di coscienza; le sue parole sembrano far intendere di essere stato manipolato fisicamente dagli esseri che lo avrebbero rapito e di avervi anche interagito.
Pochi giorni dopo la sorprendente seduta, il metronotte torna protagonista di un’altra misteriosa sparizione; ripreso servizio presso la zona genovese della Val Bisagno, la notte tra il 27 e il 28 Dicembre, alle 23:46 con la radio della sua 127, contatta la centrale operativa: «Sono avvolto da una fitta nebbia e non vedo più nulla! la macchina sta andando da sola e acquista velocità. Non so cosa fare!» urla disperatamente.
Quattro minuti dopo, contatta di nuovo l’operatore, ma questa volta in uno stato totalmente differente, tranquillo e per nulla affannato, dice alla radio: «La macchina si è fermata, vedo una gran luce. Ora esco».
La ricerca dell’uomo però, è ostacolata dalla nebbia e dalla pioggia che in quel momento gravavano sulla zona. La 127 su cui viaggia il metronotte viene ritrovata dopo oltre un’ora, su uno spiazzo della strada di montagna che porta all’abitato di Rossi. Il primo a vedere Zanfretta è il brigadiere Travenzoli.
Trema, piange, è sotto shock il metronotte. «Dicono che mi vogliono portare via – diceva – che ne sarà dei miei bambini? Non voglio, non voglio…». Stranamente, nonostante la pioggia e il freddo ha il viso e gli abiti asciutti. «Dal naso in su – spiegò Travenzoli – era caldissimo. Le orecchie erano rosso fuoco».
Sebbene sia una serata particolarmente fredda, il tetto della 127 scotta come se fosse stato sottoposto ad un forte calore. Accanto all’auto, chiarissime, alcune orme gigantesche, a suola concava, lunghe oltre 50 centimetri.
Dopo l’ennesimo inquietante episodio, il comando dei carabinieri inoltra alla Pretura unificata di Genova il rapporto: «Rapporto informativo circa l’avvistamento di oggetti volanti non identificati (Ovni) ed umanoidi da parte di Zanfretta Fortunato», nel frattempo i carabinieri informano anche il ministero dell’Interno e gli alti comandi militari, definendo il livello di attendibilità degli eventi descritti come buono.
Il rapporto intanto, è finito anche sul tavolo del sostituto procuratore della Repubblica, che passa la documentazione agli uffici di competenza e dopo i vari passaggi burocratici, nel 1980, un anno dopo, il caso Zanfretta viene archiviato per «mancanza di estremi di reato».
Qualcuno inizia a dubitare sullo stato di salute mentale di Zanfretta
Nonostante il metronotte appaia in buona fede e sincero, dopo il secondo incontro ravvicinato qualcuno comincia a pensare che sia il caso di accertare le sue condizioni mentali; normali oppure no?
L’istituto di vigilanza quindi, sottopone l’uomo a ripetute visite dal docente di neurologia, il Professor Giorgio Giannotti, specialista in malattie nervose e mentali, allora vice-primario neurologo al Policlinico San Martino di Genova.
Giannotti, il 31 Gennaio 1979, dopo il terzo incontro, rilascia un certificato dove attesta: «ho trovato il signor Zanfretta in perfette condizioni psichiche e neurologiche. Il paziente non presenta alterazioni del pensiero né disturbi psicosensoriali, e normale è la sua capacità volitiva e logico-critica» concludendo «Ritengo pertanto lo Zanfretta idoneo al suo lavoro in modo incondizionato, e non abbisognevole di periodo di osservazione né tanto meno di consigli terapeutici».
Zanfretta e il grande pubblico
Intanto, i media cominciano a presentare il caso Zanfretta al grande pubblico; l’uomo viene addirittura intervistato da Enzo Tortora nella sua trasmissione Portobello. Se lo porta anche due volte ad Antenna Tre scomodando per lui un personaggio come Cesare Musatti, l’ottuagenario padre della psicanalisi italiana.
Musatti, dopo aver assistito ad una ipnosi in diretta davanti alle telecamere, dice che per lui Zanfretta è in buona fede anche se resta difficile distinguere la realtà oggettiva da quella soggettiva.
Anche numerose riviste vogliono aggiudicarsi una sua intervista, e a più di un giornalista Fortunato sembra essere davvero in buona fede. Contemporaneamente, anche la stampa straniera si interessa al metronotte: il settimanale popolare statunitense National Enquirer gli dedica tre articoli e una copertina.
Zanfretta di nuovo abduction
Sebbene gli eventi eccezionali sembrino essersi arrestati, a partire dal Luglio del ’79, il metronotte sparisce nuovamente.
Il 30 Luglio il suo presunto rapimento avviene sulle alture del quartiere di Quarto a Genova, viene rinvenuto dopo un paio d’ore sulla cima del Monte Fasce, sebbene quella sera stesse viaggiando in scooter, poco adatto alle ripide e dissestate stradine di montagna. Dal momento che l’unica via di accesso al monte è pattugliata, e di lì Zanfretta è passato, ci si chiede come abbia fatto ad arrivare fin lassù. La risposta viene cercata nell’ipnosi.
Questa volta viene condotta presso il Centro internazionale di ipnosi medica e psicologica di Milano dove il professor Marco Marchesan, su richiesta dello stesso Zanfretta, lo sottopone al Pentotal, il siero della verità, in risposta ad alcune polemiche nate sull’uso dell’ipnosi.
Zanfretta non solo conferma tutto ciò che ha detto, ma dice anche che questa volta è stato sollevato da una luce verde che lo ha trasportato sull’astronave degli alieni.
Ma l’avventura con gli alieni non è ancora finita, il 2 Dicembre svanisce a bordo di una Mini Cooper presso la periferia della città; questo episodio viene confermato anche da altre quattro guardie giurate, le quali affermano di aver visto un oggetto non identificato illuminarle a giorno durante le loro operazioni di ricerca.
Uno di loro, il Tenente Cassiba, caposervizio dei metronotte, preso dal terrore, spara in direzione delle luci, scaricando tutte le pallottole del caricatore
Zanfretta si reca nuovamente presso un medico per una seduta di ipnosi, cercando di rivivere gli eventi di quella notte. Durante la seduta, egli dice improvvisamente: “…Dove siete andati? E a far che cosa sopra la Spagna? Perché? Ma tutti assieme? Ma spaventate la gente!”.
Il dettaglio sembra essere trascurabile e casuale; ma la mattina del 4 dicembre 1979, il servizio internazionale ANSA riporta ai giornali italiani un flash straordinario:
Guadalajara (Spagna) – Un veterinario spagnolo ha affermato di essere stato seguito da un oggetto volante non identificato (UFO) mentre si trovava al volante della sua automobile su una strada vicina a Guadalajara, ad una cinquantina di chilometri da Madrid. (…) Alfredo Sanchez Cuosta ha avvistato, nella notte tra sabato e domenica scorsi, un UFO che ha seguito la sua vettura, quindi l’ha superata per porsi una quindicina di metri al di sopra di essa. Accecato dal forte bagliore giallo, proveniente dall’apparecchio, Sanchez ha perduto ad un certo punto il controllo del veicolo che è uscito di strada. Secondo il veterinario, l’UFO si allontanava dal percorso seguito dall’automobile quando questa attraversava i villaggi.
Conferma o coincidenza? Il dubbio rimane. Tuttavia, la notizia che sembra essere davvero frutto di uno strano scherzo del destino, porta a una dimensione ancora più ampia il caso Zanfretta.
Zanfretta scompare un’altra volta il 14 febbraio 1980. Questa volta, però, la sua auto è sotto controllo e lo ritrovano quasi subito. Quella notte anche Rino Di Stefano partecipa, il metronotte viene ritrovato mezzo assiderato, sul ciglio di un burrone in stato di schoc.
Di quella sera ci sono anche dei testimoni. Un contadino che abita nei pressi racconta di aver visto una grossa massa luminosa simile ad un pallone di rugby.
L’ipnosi riserva altre novità. Infatti, tra la meraviglia dei presenti, ad un certo punto il metronotte, in ipnosi profonda, comincia a parlare una lingua sconosciuta.
L’ultima scomparsa ufficiale di Zanfretta risale al 13 agosto 1980. Ma anche questa volta è talmente guardato a vista che non riesce ad incontrare i suoi interlocutori. Interrogato in continuazione dal dottor Moretti, Zanfretta risponde in questo modo: «Domanda con risposta negativa, tixel». Successivamente si è rilevato inutile ogni sforzo di andare oltre: la guardia giurata è ormai assolutamente fuori da ogni controllo ipnotico.
il 10 dicembre 1982 Fortunato Zanfretta lascia l’istituto di vigilanza per il lavoro più tranquillo di magazziniere.
Però dopo qualche tempo avverte la nostalgia per il suo vecchio mestiere, e il 1° dicembre 1983 indossa nuovamente la divisa dei metronotte nello stesso istituto.
Le vicende di Fortunato Zanfretta sono, anche se non verificate ufficialmente e dall’attendibilità inevitabilmente a discrezione del lettore, una delle pagine più sorprendenti e affascinanti della storia giornalistica italiana, probabilmente il caso più eclatante per gli ufologi insieme ai fatti di Firenze del 1954.
Frutto di fantasie di una mente creativa, o verità di un uomo sincero, i resoconti di Zanfretta valgono la pena di essere letti, poiché vera e propria immersione in una dimensione lontana dal quotidiano, che può intimorire, ma anche far sognare gli appassionati del mistero.
Cronologia del caso Zanfretta
- Il metronotte si sottopose, a sue spese, a ben sette ipnosi per dimostrare che non era ne un pazzo ne un ciarlatano;
- in una seduta sembrò parlare un idioma sconosciuto ed espose le proprie ragioni con un piglio ed una tonalità aggressive poco consone alla sua tranquilla e schiva personalità;
- da esse ne risultò che era sincero, pur se la verità oggettiva degli avvenimenti era, con tale mezzo, indimostrabile;
- venne reintegrato nel suo posto di lavoro e con il regolare porto d’armi dopo una sospensione cautelativa, a dimostrazione della serietà del personaggio;
- in occasione del secondo, presunto, rapimento, i suoi colleghi di lavoro testimoniarono, mentre lo riportavano in automobile alla centrale operativa, di essere stati seguiti insistentemente da una luce rossastra;
- la notte del primo episodio numerosi testimoni affermarono che i cieli sopra la collina che ne fu teatro vennero percorsi da un carosello di oggetti luminosi;
- venne ritrovata una enorme impronta a forma di ferro di cavallo, come se un oggetto pesante si fosse posato sul terreno, orme di dimensioni spropositate, e ingiustificate buche in un campo adiacente;
- al rientro nella propria abitazione, la prima sera, si accorse di urinare una sostanza nerastra; dal punto di vista scientifico, pur se in una casistica limitata, tale apparenza è giustificabile come conseguenza di un forte stress emotivo;
- in un’occasione la sua motocicletta fu rinvenuta con il motore freddo nonostante fosse stata guidata per diversi chilometri su tortuosi tornanti;
- in un’altra il suo corpo venne ritrovato caldissimo, nonostante la rigida temperatura notturna ed invernale di quel periodo e gli abiti umidi di pioggia, con il tetto dell’automobile bollente;
- dichiarò che i suoi amici alieni avevano recentemente fatto tappa in Spagna; subito dopo, per una incredibile coincidenza, i quotidiani riportarono la notizia di avvistamenti ufologica in terra iberica;
- le forze dell’ordine indagarono approfonditamente e ne inviarono copia al Ministero della Difesa, a comprova della serietà dell’accaduto;
- gli venne assegnata, come automobile di servizio, una Fiat 127 approntata, a sua insaputa, con una serie di accorgimenti atti a verificarne un utilizzo anomalo.
In particolare era stata dotata di termometro, di cavetti d’acciaio che abbracciavano i bracci oscillanti degli ammortizzatori, di microfono, di registratore e macchina fotografica.
Quando la vettura venne recuperata, il primo strumento aveva registrato una temperatura di ben 43 gradi ed i leganti d’acciaio risultavano spezzati, segno evidente che la vettura era stata completamente sollevata perché il peso delle ruote, privo di appoggio, ne aveva provocato la rottura.
L’automobile, sparì dalla circolazione e non se ne seppe più nulla.