Nella religione egizia, Anubi (o Anubis) era la divinità umanoide, con un corpo umano e la testa di sciacallo; proteggeva le necropoli ed il mondo dei morti, assistendo anche nel rituale dell’imbalsamazione.
Anubi, prima divinità dell’Oltretomba, come recitano i Testi delle piramidi, venne successivamente sostituito da Osiride verso la V dinastia, ma restò il dio protettore della città di Khasa, che fu poi chiamata in epoca ellenistica Cinopoli, ossia Città dei canidi.
Anubis viene riconosciuto come quarto figlio di Ra generato con la dea Hesat, dalla testa di vacca. Era anche indicato come fratello di Osiride, mentre la sua paredra Anput, avente anche lei per simbolo il canide, veniva considerata sua sorella e moglie.
Anubis: imbalsamatore, inventore della mummificazione
Nel costante evolversi del pantheon egizio, Anubi assunse funzioni diverse in vari contesti. Adorato, durante la I dinastia egizia (ca. 3100 a.C. – 2890 a.C.), come protettore delle tombe, finì per assumere anche le funzioni di imbalsamatore, inventore della mummificazione.
Nel mito di Osiride, Anubi aiuta Iside ad imbalsamare Osiride. Quando il mito di Osiride cominciò a emergere, si diceva che, dopo l’assassinio di Osiride da parte del fratello invidioso Seth, gli organi del dio defunto sarebbero stati dati in dono ad Anubi. In riferimento a questo dettaglio del mito, Anubi divenne il patrono degli imbalsamatori.
«Ora è chiaro il potere dell’imbalsamatore.
[…] “Lascia che i sacri emblemi siano posti nella sala funebre”, dice Anubi.
[…] Osiride […] giace sul tavolo dell’imbalsamazione.
[…] E Anubi dice a Osiride: “Sorgi e vivi! Ecco la tua nuova sembianza!”».
(Testi dei sarcofagi, n°215)

Riferendosi ad Anubi, una formula dei Testi delle piramidi recita:
«Anubi è sul suo ventre [del defunto] […]. La tua putrefazione non è; il tuo sudore non è; il defluire dei tuoi liquidi non è; la tua polvere non è».
(Testi delle piramidi, n°535)
Durante il Medio Regno (ca. 2055 a.C. – 1650 a.C.) fu sostituito da Osiride come signore dell’aldilà. Una delle sue mansioni principali era di accompagnare le anime dei defunti nell’oltretomba, per poi compiere la pesatura del cuore decisiva per l’ammissione delle anime nel regno dei morti.
In alcune tombe della necropoli tebana, risalenti al Medio Regno, Anubi appare chinato sul defunto con lo scettro rituale «ur-hk3w» (ur-hekau), detto «Grande di magia», il cui scopo era quello di infondere nuovamente la vita; alcune formule esprimono la funzione Anubi come vivificatore, tramite la sua arte di imbalsamatore:
«La terra parla: le porte di Aker [cioè dell’Orizzonte] si sono aperte per te, le doppie porte di Geb [cioè della terra] sono spalancate per te, tu vieni fuori alla voce di Anubi, egli ti ha spiritualizzato […]».
(Testi delle piramidi, n°437)
Anubi aveva numerosi titoli che coglievano i vari aspetti della sua complessa natura:
- Colui che presiede l’imbalsamazione.
- Colui che è sulla sua montagna (intendendo la montagna dove erano scavati gli ipogei sepolcrali).
- Quello della necropoli.
- Colui che è nell’ut (termine che designava le bende delle mummie).

Il Papiro Jumilhac
Il Papiro Jumilhac ha preservato uno dei pochi miti su Anubi, in cui il dio protegge il corpo di Osiride da Seth. Nel racconto, Seth tenta di attaccare il corpo di Osiride trasformandosi in un leopardo: allora Anubi lo ferma e lo sottomette, per poi marchiarne la pelle con un bastone di ferro arroventato.
In seguito, Anubi lo scortica e ne indossa la pelle come avvertimento contro i profanatori di tombe. I sacerdoti addetti ai culti mortuari indossavano una pelle di leopardo per commemorare la vittoria di Anubi su Seth. La leggenda secondo cui Anubi avrebbe marchiato a fuoco il dio Seth in forma di leopardo era utilizzata per spiegare l’origine del manto maculato di questi felini.
La pesatura del cuore
Un epiteto di Anubi lo chiamava «Guardiano delle scale». La drammatica scena della pesatura del cuore del defunto, o psicostasia, fra le consuete illustrazioni dei Libro dei morti, mostra Anubi intento a compiere la misurazione per determinare se l’anima giudicata fosse degna di accedere al regno di Osiride.
Gli egizi credevano che nel Duat, ossia gli inferi così come erano intesi dalla religione egizia, il cuore di ogni defunto fosse soppesato, nella «Sala delle due Verità», o «delle due Maat» sul piatto di una bilancia custodita da Anubi: sull’altro piatto stava la piuma di Maat. Il peso del cuore non doveva superare quello della piuma. Questo è il motivo per cui il muscolo cardiaco non veniva asportato dalla salma durante la mummificazione, a differenza di tutti gli altri organi; il cuore (chiamato ib) era considerato la sede dell’anima.
Se il cuore risultava dello stesso peso della piuma di Maat, o più leggero, ciò significava che il trapassato aveva condotto una vita virtuosa e sarebbe perciò stato condotto nei campi Aaru, luogo di beatitudine, presso Osiride.
Se invece pesava più della piuma, il cuore veniva divorato dal mostro Ammit e il suo possessore era condannato a rimanere in eterno nel Duat, senza speranza d’immortalità. Un’altra tradizione voleva che Anubi recasse l’anima al cospetto del defunto Osiride, il quale compiva la psicostasia. Mentre il cuore veniva pesato, il defunto recitava le cosiddette 42 confessioni negative.
Egitto Tolemaico
Nell’Egitto tolemaico (332 a.C. – 30 a.C.), quando la valle del Nilo divenne un regno ellenistico governato da faraoni greci, Anubi fu assimilato al dio greco Ermes, psicopompo della religione greca, dando origine al dio sincretico Ermanubi, raffigurato con corpo d’uomo e testa di sciacallo, con in mano il sacro caduceo.
Durante la dominazione romana dell’Egitto, iniziata nel 30 a.C., divennero molto comuni le pitture tombali raffiguranti Anubi che accompagna per mano il defunto. Centro del suo culto era la città di Khasa, che i greco-romani chiamarono Cinopoli, Città dei cani. Nel libro XI delle Metamorfosi di Apuleio si trova la testimonianza che il culto di Anubi durò, a Roma, almeno fino al II secolo d.C.:
«E primo di tutti Anubi, il famoso messaggero dei Superi e degli Inferi, mostro spaventevole dalla testa di cane eretta e dalla faccia quando d’oro e quando nera, col caduceo nella sinistra e una verde palma nella destra».
(Apuleio, Metamorfosi XI, 11)
Ciononostante, le divinità egizie erano spesso derise dai greci e dai romani a causa delle loro teste di animali che le facevano apparire, ai loro occhi, bizzarre e primitive.
Fisionomia

Nel primitivo culto zoolatrico, Anubi era raffigurato come un cane dal pelo ramato con grandi orecchie e lunga coda, ma a partire dal Nuovo Regno veniva rappresentato con il corpo di uomo e testa di cane, chiamata poi genericamente testa di sciacallo per identificare così l’animale che si nutre di carogne e quindi strettamente connesso alla morte.
L’aspetto di questa divinità era un incrocio tra il cane, lo sciacallo, la iena, la volpe ed il lupo, animali dall’aspetto simile che vivevano nel deserto e vicino ai cimiteri.
La testa era raffigurata nera perché questo colore indicava la putrefazione dei corpi, il bitume impiegato nella mummificazione ma anche il fertile limo, simbolo di rinascita.
La forma mista di corpo umano e testa di canide non deve far credere che gli Egizi immaginassero e adorassero un dio semi-umano, ma significa che essi vedevano nel cane randagio della Valle del Nilo la possibile forma, detta ipostasi, dell’apparizione del dio Anubi.
Iconografia
La più antica rappresentazione di Anubi è in una tavola risalente al faraone Aha della I dinastia, nella quale veniva anche citata la festività collegata al dio che veniva inizialmente rappresentato solo come canide dalla lunga coda e con uno scettro sekhemposizionato sopra una mastaba.
Successivamente era spesso raffigurato nelle pitture parietali degli ipogei, solitamente con un’altra divinità, Harsiesi, dal corpo di uomo e testa di falco con doppia corona, protettore dei defunti.
Durante il Nuovo Regno veniva rappresentato anche nei sarcofagi. Resta notevole testimonianza il reperto del tesoro di Tutankhamon, ove Anubi doveva assolvere il compito di protettore degli arredi funerari.