Quando i primi soldati dell’Armata Rossa varcarono i cancelli di Auschwitz, trovarono centinaia di cadaveri, troppi da contare, ammassati uno sull’altro come spazzatura. Quelli che erano sopravvissuti, circa 7.000 prigionieri, erano ridotti a pelle e ossa, scheletri viventi che vagavano senza meta.
Oltre a quello spettacolo raccapricciante, i sovietici trovano le macerie di quattro edifici rasi al suolo con dell’esplosivo, quello che ancora non sapevano, è che quelle macerie fino a qualche giorno prima, costituivano il punto nevralgico di quella che era la più grande fabbrica di morte mai concepita dalla mente umana, i Krema I, II, III, IV, V.
Nei giorni immediatamente precedenti al 27 gennaio 1945, le truppe naziste di guardia al campo, avevano cercato di occultare le prove di un crimine senza precedenti, perpetrato ad Auschwitz negli anni precedenti, per impedire al mondo di conoscere come quegli edifici in rovina erano stati utilizzati dai nazisti per l’eliminazione di milioni di esseri umani, nel tentativo di eliminare per sempre la razza ebraica dal mondo.
Shoah, il termine ebraico tristemente conosciuto in tutto il mondo con cui si da nome all’insieme di eventi che reclamarono oltre 6.000.000 di vite umane. Shoah in ebraico significa desolazione, catastrofe, disastro.
Verso la metà del ventesimo secolo, in un Europa profondamente scossa da stravolgimenti politici e vecchi rancori, lo scoppio di un conflitto su vasta scala era pressoché inevitabile, ma ben pochi potevano immaginare gli orrori che esso avrebbe portato.

Il nazionalsocialismo pianificò l’eliminazione degli ebrei in Europa, già da prima dell’inizio della guerra, ma con la salita al potere assoluto di Adolf Hitler, tale piano si trasformò in realtà.
Il governo tedesco non badò a spese, dedicò al piano folle del suo Furher e dei suoi gerarchi un impianto complicatissimo, di trasporti, approvvigionamenti, risorse umane ed economiche, nel tentativo di cancellare definitivamente un intero popolo. Con sorprendente efficacia, i nazisti svilupparono un organizzazione perfettamente funzionale, che riguardava l’intera Germania e ogni territorio europeo sotto il suo controllo.
La fase iniziale dell’operazione, prevedeva la realizzazione di decine e decine di grandi Ghetti, dove la popolazione ebraica veniva segregata e tagliata fuori dal resto del mondo, rendendo poi più facile la deportazione verso i campi della morte in Polonia.
Heinrich Himmler, capo supremo delle SS e braccio destro di Hitler, nel 1940, istituì Auschwitz I – nei pressi della cittadina di Oswiecim nella Polonia meridionale -, progettato per ospitare oppositori politici polacchi, l’ubicazione del campo era perfetta, in quanto importante snodo ferroviario, inoltre vi si trovavano alloggiamenti ed edifici già esistenti.

I campi dediti principalmente allo sterminio furono sei: Chelmo, Treblinka, Belzec, Majdanek, Sobibor e Auschwitz, quest’ultimo, nato inizialmente capo d’internamento e di lavoro forzato, era destinato a divenire il simbolo per eccellenza dell’eliminazione degli ebrei in Europa.
Il complesso di Auschwitz, era formato da tre campi, Auschwitz I, campo di concentramento, quello principale detto anche Stammlager. Auschwitz II, detto Birkenau, il campo dedito allo sterminio, inizialmente fu instaurato come campo di prigionia per i detenuti di guerra russi, infine, Auschwitz III, detto Monowitz, era il campo dedicato allo sfruttamento dei deportati per l’industria.
I primi deportati iniziarono ad arrivare ad Auschwitz già nel 1940. Giunti a destinazione, sotto gli occhi del «personale medico» delle SS, avveniva la prima tragica selezione: mediamente solo il 25% dei deportati era dichiarato abile al lavoro, il restante 75% (donne, bambini, anziani, madri con figli) era automaticamente condannato a morte.

Man mano che i lavori per l’attuazione della Shoah proseguivano, diveniva sempre più evidente che questi campi della morte erano in grado di risolvere una volta per tutte la questione ebraica. Lo sterminio si realizza attraverso due grandi fasi, la prima inizia con l’invasione dell’Unione Sovietica, il 22 giugno 1941, piccoli reparti di SS, le Einsatzgruppen, squadroni della morte che viaggiano a seguito dell’esercito, il loro compito consiste nel rastrellare ogni ebreo che trovano sulla loro strada, fucilarli e seppellirli in gigantesche fosse comuni, oppure bruciarli vivi.
La seconda fase dello sterminio si attua nei campi di concentramento, appositamente costruiti per eliminare rapidamente milioni di esseri umani, razziarne i beni e gli effetti personali e smaltirne i cadaveri.
Il 20 gennaio 1942, in una villa della periferia di Berlino, ebbe luogo la celebre Conferenza di Wannsee, una riunione organizzata dal famigerato estremista delle SS Reinhard Heydrich, il quale chiedeva il supporto degli alti funzionari del Reich e delle SS, per l’attuazione della Soluzione Finale Ebraica, per altro già cominciata in Unione Sovietica, riguardo tutti gli 11.000.000 di ebrei presenti sul continente.
Nella prima metà del 1942, oltre che dalla Polonia e dalla Cecoslovacchia, iniziarono a giungere ad Auschwitz, anche i primi convogli provenienti dagli altri paesi europei, come Francia, Belgio, Olanda, Jugoslavia, Germania e Norvegia. Fra i mesi di marzo e giugno, mentre il gigantesco campo di Birkenau, destinato allo sterminio di massa degli ebrei, era ancora in costruzione, un paio di fattorie che si trovavano nei paraggi, vennero trasformate in camere a gas, chiamate Bunker 1 e 2, con le rispettive fosse.
Gli ebrei, o i destinati alla deportazione, non avevano idea di ciò che li attendeva nei campi di sterminio, poichè veniva detto loro che sarebbero stati mandati nell’Europa dell’est al semplice scopo di lavorare. Una volta rastrellati dalle città, venivano caricati sui treni, vagoni-bestiame sigillati, gelidi d’inverno e bollenti d’estate, senza cibo, acqua o servizi igienici. Giungevano ad Auschwitz, venivano scaricati e smistati direttamente sulla banchina della stazione di Oswiecim, i «più fortunati» avrebbero lavorato, gli altri inviati a morte nelle camere a gas.
Nelle camere a gas, ad attenderli trovavano quelli che Primo Levi definì i «corvi neri del crematorio»: i sonderkommandos, unità speciali di ebrei istituite per collaborare con le SS in cambio di un trattamento di favore. Le loro testimonianze hanno permesso di ricostruire l’orrore: giunti qui, i detenuti venivano spogliati e introdotti in un locale camuffato da spogliatoio con tanto di descrizioni multilingue delle procedure per il recupero dei vestiti. Ai sonderkommandos spettava il compito di guidare le vittime nei forni e di recuperare vestiti e denti d’oro.
Verso la metà di luglio 1942, durante la sua seconda visita al campo, Himmler dette carta bianca al comandante di Auschwitz Rudolf Höss, di sterminare tutti gli ebrei che poteva, e sfruttare fino alla morte coloro che erano stati dichiarati abili al lavoro.

I (pochi) prigionieri dichiarati abili al lavoro venivano spogliati, rasati e rivestiti di una casacca, un paio di pantaloni e un paio di zoccoli. Sul loro avambraccio sinistro veniva tatuato un numero a cui era associato un contrassegno colorato, che identificava le diverse categorie di detenuti: ebrei, Rom, Sinti, testimoni di Geova, asociali, omosessuali, criminali e prigionieri politici. Il loro compito da quel momento in poi era lavorare fino allo stremo delle forze per numerose ditte tedesche tra cui la Siemens o nelle cave, nell’agricoltura e nelle ditte legate all’industria bellica.

Per trovare il metodo più rapido ed efficace i Nazisti fecero vari esperimenti con il monossido di carbonio, prodotto spesso usando i gas di scarico di camion o carri armati, passarono poi allo Zyklon B, a base di acido cianidrico, prodotto dal colosso chimico I.G.Farben i cui vertici saranno poi condannati a Norimberga per crimini contro l’umanità. La I.G.Farben negli anni quaranta produsse anche il pericoloso gas nervino. Il regime nazista però non lo utilizzò mai. Forse perché Hitler era rimasto vittima in gioventù proprio di un attacco chimico.
Lo Zyklon B era in grado di uccidere 1.000-1.500 persone in mezzora e consisteva in palline o dischetti di polpa di legno o farina fossile, di colore bluastro, impregnati di acido ciandrico. Una volta tolti dai loro contenitori ermetici, a una temperatura di circa 26° C, liberavano gas tossico. Nel momento di maggiore intensità delle deportazioni, il numero di Ebrei uccisi giornalmente raggiunse le 6.000 unità.

I campi erano organizzati in aree: c’era l’ospedale, la cucina, l’ufficio della Gestapo, la prigione, la zona riservata agli esperimenti e il reparto dei forni crematori. Vicino c’erano le baracche dei deportati divisi tra uomini e donne, con letti a castello a tre piani (su cui dormivano ammassati più prigionieri), il lavatoio e le latrine. Un deportato in queste condizioni, lavorando 12 ore al giorno, sottonutrito, sottoposto al freddo, alle malattie e alle violenze, resisteva in media sei mesi.
Alcuni internati infine furono costretti a fare da manovalanza, senza avere ruoli decisionali. Come Jozef Paczynski, che diventò il barbiere personale di Rudolph Höss, o come Lale Sokulov scelto per diventare il tatuatore ufficiale di Auschwitz. O ancora come Wilhelm Brasse, un internato polacco arrestato perché renitente all’arruolamento nella Wehrmacht e “promosso” a fotografo dei detenuti. Prima di lasciare Auschwitz nascose le sue pellicole, che nel 1945 finirono in mano agli uomini dell’Armata Rossa.
Hoss, avviò la costruzione di quattro grandi strutture dove uccidere in massa i deportati e smaltirne i cadaveri, nacquero così gli impianti collocati in maniera speculare, uno di fronte all’altro, dei Krema II, III, IV e V di Birkenau. Il Krema II, divenne operativo nel marzo del 1943, era costituito da tre locali principali e piccole stanze di servizio, nel seminterrato si trovava la sala dello spogliatoio e la camera a gas, mentre al piano terra si trovava la sala delle fornaci per la cremazione, con l’inserimento dei forni, la cremazione a cielo aperto fu sospesa, e reintrodotta temporaneamente solo durante il maggior afflusso di vittime.

Nell’estate del 1944, fu la volta dell’Ungheria, la popolazione ebraica-ungherese, per un totale di oltre 750.000 individui era entrata nel mirino dello sterminio, per rendere più efficace questa operazione, fu costruito un prolungamento ferroviario, i binari e la relativa banchina, chiamata Bahnrampe, vennero portati all’interno di Birkenau, da quel momento gli impianti della morte di Auschwitz iniziarono a lavorare senza sosta, i forni di Birkenau erano accesi giorno e notte.
Una volta giunti a Birkenau, gli ebrei venivano tirati giù dai vagoni dalle SS, uomini e donne venivano separati, dopo di che scortato da soldati polacchi ausiliari e dal comandante del campo Rudolf Höss, il temutissimo medico di Auschwitz, Josef Mengele, conosciuto anche Angelo della Morte, noto alla storia per i suoi sadici esperimenti su cavie umane, avvolto nel suo camice bianco, si avvicinava ai deportati e con un semplice gesto della mano, indicava chi viveva e chi moriva.
Mediamente l’80% degli ebrei appena giunti al campo, veniva destinato direttamente alle camere a gas, inclusi erano i malati, gli inabili, i vecchi, i deboli e i bambini, il rimanente 20% era destinato a morire di stenti a causa delle condizioni di vita disumane.
Chi non superava la Selezione iniziale, si incamminava verso i crematori attraverso un sentiero in mezzo al filo spinato, tenuti sotto stretta sorveglianza dalle SS, i condannati scendevano attraverso un scala che iniziava al livello del suolo e finiva nel seminterrato, qui, le vittime venivano fatte spogliare e rassicurate che si trattava soltanto di una doccia calda.
Per non insospettire le vittime, il grande spogliatoio era arredato con panche di legno e ganci numerati, che avrebbero garantito il ritrovamento dei loro abiti al termine della doccia. Successivamente si avviavano in un breve corridoio e un atrio dove si trovava l’entrata della camera a gas con porta-stagna e il rispettivo montacarichi al suo fianco, per il trasporto dei cadaveri nella sala delle fornaci.

All’interno, la Camera a Gas, era munita di illuminazione, false docce non collegate a tubature idriche, bocchette d’areazione in alto e di ventilazione in basso, infine, otto camini dai quali le SS introducevano il terribile gas assassino Zyklon B. Dopo qualche minuto, le SS sbirciavano attraverso uno spioncino nella porta stagna, per accertarsi che il gas avesse fatto effetto, di solito bastavano 10 minuti per uccidere tutte le vittime presenti nella stanza.
Dopo essersi accertati che le vittime gasate erano tutte morte, gli impianti di ventilazione venivano accesi per far circolare aria pulita e far fuori-uscire il gas. A questo punto entravano in azione gli uomini del Sonderkommando, collaborazionisti ebrei che nel tentativo di salvarsi la vita, offrivano il loro aiuto agli aguzzini del campo, il loro compito era quello di sgomberare le camere a gas dalle dozzine e dozzine di cadaveri, tagliare loro i capelli e strappare dalle loro bocche eventuali denti d’oro e infine caricare i corpi senza vita sul montacarichi, i forni crematori al piano di sopra intanto, erano già accesi.
Un corpo all’interno dei forni impiegava circa 30 minuti ad incenerirsi, ma poteva variare a seconda delle dimensioni di ciascun individuo. Durante il periodo di maggior afflusso di vittime, si arrivava a inserire dentro i forni anche tre o quattro persone alla volta. Quando le fornaci venivano aperte, non rimanevano altro che ossa, le ceneri venivano aspirate in appositi raccoglitori, le ossa venivano ridotte in briciole usando grandi martelli e poi usate come concime.