Anni Ottanta. Milano. Sono gli anni della bella vita, del boom economico e della «Milano da bere», Terry Broome ventiquattro anni, arrivata in Italia pochi mesi prima, entra nel giro della bella vita milanese, ma finisce per uccidere un corteggiatore troppo pressante, Francesco D’Alessio.
Milano, corso Magenta 84. Sono le prime ore del mattino del 26 giugno 1984, sta per sorgere l’alba sulla città quando da un bel palazzo si avvertono dei colpi di pistola.
Pochi minuti dopo si sparge la notizia: è stato ucciso Francesco D’Alessio, rampollo romano, milionario per nascita ma randagio per vocazione, e figlio dell’avvocato Carlo D’Alessio, titolare della Cieffedi, una delle più importanti scuderie del paese.
La vittima ha 40 anni, è separato dalla modella americana Cheryl Stevens, ama la bella vita; ha smesso di guidare perché si sfracella puntualmente contro gli alberi: «dimentica» di guardare la strada.
È un viveur, fa su e giù tra Roma e Milano, frequenta i locali più alla moda delle due città, ha un debole per la cocaina e per le belle donne; in quegli anni le modelle a Milano si incontrano a ogni angolo di strada. Una di loro si chiama Laurie Marie Roiko, 21 anni, è americana ed è giunta nella capitale italiana della moda per fare carriera.

La Roiko è stata a una festa con Carlo Cabassi, compagno di serate di D’Alessio, i due oltre a essere amici, vivono nello stesso palazzo. Sono trascorse due ore dalla mezzanotte di quel 26 giugno 1984, Laurie Marie è fuori dal portone dell’edificio e attende un taxi, qualche istante dopo compare Francesco D’Alessio, lui sta rientrando dal night Nepentha, i due si conoscono, frequentano lo stesso giri di amici e di locali notturni.
D’Alessio le chiede cosa faccia lì a quell’ora della notte, due parole d’approccio, e quando il taxi arriva lui lo paga e lo manda via. Entrano entrambi in casa di lui, ad approfondire la fresca conoscenza. Sono solo le due di notte, c’è ancora tempo per chi è abituato a tirar mattino.
Sono circa le 04:00 del mattino, quando nell’appartamento dell’uomo squilla il telefono, D’Alessio risponde, dall’altra parte della cornetta c’è una donna, americana, dice di chiamarsi «Diane». Lui passa la cornetta alla fotomodella perché con l’inglese forse, racconta Laurie, non se la sbriga benissimo. Le due donne non si conoscono, ma la misteriosa Diane viene invitata a passare di lì.
Sono le 06:30, quando qualcuno suona il campanello di casa D’Alessio, è «Diane»: per Francesco è una sorpresa, perché chi arriva non si chiama Diane, ha usato un infantile stratagemma per non farsi respingere. Ma sembra che non ci siano problemi: si torna a bere qualcosa in tre e a scambiare quattro chiacchiere. Nessuna scenata, almeno per il momento. Poi, mentre fuori il corso Magenta torna ad animarsi di tram e rumori del mattino, Francesco e «Diane» se ne vanno a discutere in un’altra stanza.
Laurie Marie è sola nel soggiorno e avverte provenire dalla camera urla, frastuono e poco dopo sente un primo sparo, che le sembra quello di una scacciacani.
Si alza dal divano, intravvede una lotta, sente un’altra esplosione. Laurie Marie è terrorizzata, si acquatta di fianco a un calorifero. Altre tre revolverate, mentre Francesco D’Alessio barcolla e cade sulla soglia della sala.
«Diane» ha ancora in mano la 38 special, e l’altra donna ha paura di morire, pericolosa testimone. «Non ti preoccupare», o qualcosa del genere, dice «Diane» a Laurie rimettendo via la pistola. Poi esce e scompare.
Francesco D’Alessio è steso sul pavimento, ma non è ancora morto. Laurie Marie Roiko è terrorizzata da quello che ha appena assistito e corre a chiedere aiuto all’amico Carlo Cabassi. L’allarme parte la mattina alle 7:30, arrivano polizia e ambulanze. C’è un morto ammazzato giù al pianterreno.
Francesco D’Alessio è steso sulla soglia della sala, morente: ha un proiettile in testa e un altro gli ha trapassato il cuore. Un’ambulanza corre verso il Policlinico, ma D’Alessio ci arriva già morto. La polizia fruga nell’appartamento: in una camera da letto ci sono due bustine di polvere bianca, cocaina.

La donna in realtà non si chiama Diane, ma Terry Broome, ha 26 anni e come la Roiko anche lei è una modella americana, originaria del South Carolina. La donna è arrivata in Italia due mesi prima, è fidanzata con Giorgio Rotti, titolare di una gioielleria in centro. Prima di incontrare Rotti, aveva avuto brevi e sostanziose relazioni con vari giovani. Si finiva spesso in una villa della Brianza dove le coppie si concedevano momenti di intimità.
Una sera come tante, nel villone brianzolo, Terry si trovò a litigare in maniera piuttosto concitata con Giorgio Rotti. L’uomo l’aveva strapazzata senza riguardi e lasciata «strapazzare» da altri convitati. Si trattava di sesso svelto. Sì, lei recalcitrava un po, ma in realtà poi finiva per cedere.
Una sera Francesco D’Alessio era presente ad una di queste ammucchiate. Per questo aveva cominciato a perseguitare Terry: telefonate, battute pesanti, approcci non sempre signorili, ma si poteva pretendere una condotta diversa da uno sciupa femmine come lui?
Ma lei, tutto sommato, era fedele a Rotti: quest’ultimo, a dire di molti, si era veramente innamorato della bionda americana. Aveva così cominciato una sorta di opera di «redenzione» nei confronti della donna. Cercava di non farla bere e di non farle sniffare la coca. Questa redenzione, però, non andava a genio a Francesco D’Alessio che si vedeva sfuggire una preda su cui aveva messo gli occhi.
Come la sera prima del delitto, D’Alessio compie il suo solito giro nei locali notturni; arriva al Nepentha, tappa d’obbligo di tutti i sedicenti viveur milanesi, la solita serata fatta di musica, fiumi di alcol e strisce di cocaina. D’Alessio, forse un po ubriaco, inciampa e cade proprio davanti al tavolo di Terry e Giorgio Rotti: a lui si rivolge dicendogli che presto o tardi gli romperà la faccia.
Terry si alza e va nel bagno. Francesco le corre dietro. Sarà lei stessa a raccontare alla Polizia (e a confermare ai giudici) che l’uomo le si para davanti e si slaccia i pantaloni.
Terry Broome e il fidanzato dopo la serata abbastanza movimentata, tornano a casa di lui all’incirca dopo l’una di notte. Il gioielliere si addormenta presto, stremato dai bagordi, mentre la giovane è agitata, gira per casa, si distrae con le parole crociate, poi rovista negli armadi di Rotti e trova quel che cercava: una pistola Smith and Wesson calibro 38 special. Terry mette la pistola nella borsa, e si avvia in corso Magenta, a casa di Francesco D’Alessio.
Poco dopo aver sparato a D’Alessio, alle 07:30 del mattino, Giorgio Rotti si sveglia e vede la fidanzata Terry, appena rientrata, aggirarsi per casa. L’uomo le chiede cosa sia successo, ma Terry taglia corto e lo scongiura di accompagnarla a Linate, dove è in partenza un volo per la Svizzera, alle 10:30 era già sull’aereo diretto a Zurigo.
Terry riesce ad arrivare a Zurigo ma viene bloccata il giorno dopo, prima di imbarcarsi per gli Stati Uniti, in una pensioncina, grazie alla collaborazione e alla resipiscenza dello stesso Giorgio Rotti. La giovane si mostra tranquilla, ammette di aver ucciso D’Alessio ma sostiene di non averlo fatto con premeditazione; il suo intento era soltanto spaventarlo e mettere fine alle umiliazioni subite.

La testimonianza di Laurie Marie Roiko, l’altra fotomodella americana, sarà essenziale per la ricostruzione dei fatti e per l’arresto della colpevole. La Broome era andata a casa di D’Alessio per essere ascoltata e per risolvere pacificamente i loro diverbi una volta per tutte.
Il padrone di casa, invece, non vuole ascoltarla, alterato dall’alcol e dalla cocaina, e la invita a sdraiarsi sul letto insieme a lui. Le versa alcuni bicchieri di whisky che la giovane modella ingolla. Poi tira fuori una bustina di cocaina. Infine la richiesta di un rapporto sessuale, ma di fronte al rifiuto della donna D’Alessio replica: «se non ti basto io chiamo degli amici».
La Broome a questo punto perde la testa, urla, ritorna con la mente a un vecchio episodio subito in America quando aveva 16 anni, si scaglia contro il padrone di casa che continua a sbeffeggiarla con pesanti allusioni. Terry ormai è al culmine dell’esasperazione, pochi istanti dopo estrae la pistola dalla borsa e fa fuoco.
Il capitolo arma del delitto riserverà una sorpresa: rinvenuta in casa del gioielliere Giorgio Rotti, dal revolver non mancherà nessun colpo. Per questa circostanza il fidanzato dell’omicida sarà accusato di favoreggiamento.

Le perizie psichiatriche sosterranno che la Broome la notte dell’assassinio era seminferma di mente, data la cocaina assunta. Nonostante ciò, la giuria la condannerà comunque a 14 anni di prigione per omicidio con le attenuanti generiche. La pena sarà ridotta di 2 anni e mezzo tra Appello e Cassazione. La buona condotta porterà a un’ulteriore riduzione della pena e così, nel 1992, la Broome è tornata in libertà.
Ma come mai Terry era finita a Milano dagli Stati Uniti? Il processo rivelò che era stata chiamata dalla sorella Donna, già… in carriera nella città del Nord. Forse voleva sottrarsi ad un passato di sfortune che la perseguitava: stuprata a sedici anni per una intera notte da parte di due motociclisti ubriachi; maltrattata dal padre, reduce dal Vietnam ma anche epilettico.
A diciannove divorzia, dopo un solo anno di matrimonio, da un coetaneo che entra ed esce dalle cliniche specializzate per disintossicarsi da droghe di vario genere. Alcuni tentativi di suicidio, poi l’arrivo a Milano dove, nell’aprile 1984, appena messo piede, viene derubata del suo gruzzolo di 900 dollari.
L’ex fotomodella ha fatto infine ritorno negli Stati Uniti, dove vive una vita riservata, lontana dai riflettori delle notti senza freni della Milano che l’ha vista trasformarsi in una assassina.