La Civiltà Azteca, fiorita tra il 1345 e il 1521, è passata alla storia soprattutto per i sacrifici umani, i quali sotto il punto di vista delle esecuzioni, erano abbastanza macabri, prevedevano smembramenti, decapitazioni e la famosa pratica di estrazione del cuore, operazione che veniva effettuata mentre la vittima era ancora in vita.
Nel Grande Piramide (o Templo Mayor) di Tenochtitlán – (attuale Città del Messico) capitale dell’impero azteco – veniva utilizzato anche per il sacrificio di esseri umani, a riguardo, le fonti storiche in genere, parlano di prigionieri di guerra, ma i risultati di uno studio condotto dall’archeologa Alan Barrera – a capo della ricerca – sembra indicare che non tutti gli individui siano stati catturati nei territori sottomessi.
L’archeologa con le sue parole, ha sostenuto che: «C’era questa idea generale che i sacrifici erano per lo più il risultato di guerre, individui presi dalle popolazioni via via conquistate».
Nonostante non fossero di certo i primi a praticare questi rituali di questo genere – preceduti dalla civiltà olmeca – sembra che attuarono sacrifici umani su una scala mai conosciuta prima. Se rimane pur vero che la descrizione di questa usanza sia stata esagerata dai missionari spagnoli giunti nel nuovo mondo, ma è innegabile come durante il loro regno tale pratica abbia causato migliaia di vittime.
In Mesoamerica il sacrificio umano era visto come un ringraziamento agli Dei per la creazione del mondo e del sole, in particolare verso un mostro chiamato Cipactli – secondo la mitologia azteca, un mostro femminile delle acque, in parte coccodrillo ed in parte pesce o alternativamente in parte coccodrillo e in parte donna. Secondo una delle versioni di questa leggenda gli Dei Quetzalcohuātl e Tēzcatlīpōca in origine strapparono la creatura in pezzi per dare origine al.
Per consolare lo spirito di Cipactli, gli Dei avrebbero promesso cuori umani e sangue in accondiscendenza. Una corrispondenza simile la ritroviamo nella mitologia greca, sul modello di Prometeo che rubò il fuoco agli dei. Si è anche pensato che le vittime destinate alla macabra pratica, venissero in genere portate qui direttamente dal loro luogo di origine e in seguito o quasi immediatamente sacrificate.
In genere gli aztechi erano soliti lanciare vere e proprie guerre – definite guerre fiorite (xochiyaoyotl) – il cui fine era quello di catturare prigionieri per poi essere sacrificati. Altri due modi per trovare candidati per il sacrificio, erano il gioco della palla o l’utilizzo degli schiavi. Si è sempre pensato ovviamente che la guerra fosse il metodo di scelta preferito dagli aztechi.
Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori hanno prelevato campioni dai resti di sei individui, vissuto tra il 1469 e il 152. Le analisi effettuate da parte del team sui frammenti ossei delle vittime – teschi e denti -, hanno permesso di concludere che alcune delle vittime sacrificate avevano vissuto tra gli Aztechi per almeno sei anni.
Quindi, le vittime dei sacrifici, tra cui, uomini, donne, anziani e bambini, non erano tutti prigionieri di guerra, come si era pensato fino ad ora. inoltre gli studiosi hanno potuto constatare che, le vittime sacrificali sarebbero vissute durante i regni di Motecuhzoma Ilhuicamina, Axayacatl e Moctecuhzoma Xocoyotzin.