Non capita spesso che storia legale e storie di fantasmi vadano di pari passo. Ma questo è esattamente ciò che accadde con il caso dell’omicidio del fantasma di Hammersmith del 1804, un capitolo inquietante della giurisprudenza britannica.
Tra i tetri caseggiati della Londra del XIX secolo, un’ondata di terrore si abbatté sul quartiere di Hammersmith quando le notizie di uno spirito maligno iniziarono ad attanagliare la comunità. Quando il terrore si trasformò in isteria, un uomo innocente fu assassinato per uno scambio di identità, lasciando i tribunali britannici con un grande dilemma da risolvere.
Un uomo può essere giudicato colpevole di aver tentato di uccidere un fantasma? Ci è voluto un tempo sorprendentemente lungo per trovare una risposta a questo interrogativo. Questa storia dell’orrore della vita reale ha scatenato una vicenda legale che è durata per quasi due secoli.
Il fantasma di Hammersmith
Verso la fine del 1803 gli abitanti di Hammersmith, nella zona ovest di Londra, cominciarono a sostenere di aver visto o addirittura di essere stati attaccati da un’apparizione spettrale. Si diceva che il fantasma fosse di un uomo che si era suicidato l’anno prima ed era stato sepolto nel cimitero di Hammersmith.
All’epoca si credeva che i suicidi avessero commesso un errore mortale e fossero destinati all’inferno. I loro corpi non potevano essere sepolti in terra consacrata perché ciò avrebbe impedito alle loro anime di riposare. Per questo motivo gli abitanti del luogo credevano di essere perseguitati poiché la vittima del suicidio era stata sepolta dove non avrebbe dovuto.
I resoconti sull’aspetto del fantasma sono alquanto discordanti. Alcuni testimoni affermarono che il fantasma era molto alto e vestito di abiti bianchi. Altri dicevano che indossava abiti di pelle di vitello e aveva corna e grandi occhi di vetro.
Erano tempi incredibilmente improntati alla superstizione ed ecco che la storia del fantasma iniziò a circolare rapidamente. Le persone divennero sempre più paranoiche quando cominciarono a diffondersi le notizie di persone attaccate da questa entità. In particolare, si racconta che due donne, una anziana e una incinta, siano state attaccate mentre passeggiavano davanti alla chiesa del luogo. Si suppone che sia stato così traumatico che entrambe siano morte poco tempo dopo per lo shock.
Un altro resoconto di un’aggressione proveniva dal servitore del mastro birraio Thomas Groom, che sosteneva di essere stato aggredito mentre camminava di notte nel cimitero della chiesa. “Qualcosa” era sbucato da dietro una lapide e lo aveva afferrato per la gola. L’attacco cessò solo quando il compagno di Groom si accorse che qualcosa di strano stava accadendo al suo amico.
L’ultimo avvistamento del fantasma prima della tragedia avvenne il 29 dicembre 1803, quando un guardiano notturno di nome William Girdler lo avvistò lungo Beaver Lane. Si mise all’inseguimento, ma lo spettro riuscì a fuggire liberandosi del suo sudario bianco finendo per scomparire. Questo episodio portò alcuni cittadini a istituire pattuglie armate nella zona con la speranza di catturare il fantasma.
Purtroppo, l’isteria crescente avrebbe portato alla tragedia. La notte del 3 gennaio 1804, Girdler si imbatté in uno di questi cittadini armati all’angolo di Beaver Lane.
Si trattava di Francis Smith, 29 anni, funzionario delle imposte e aspirante cacciatore di fantasmi. Smith aveva con sé un fucile da caccia e disse al guardiano che era alla ricerca dello spettro. I due si misero d’accordo per incontrarsi alle 23.00, ora che Girdler aveva stabilito, per andare insieme a caccia del fantasma.
Poco dopo le 23, Smith incontrò Thomas Millwood, un muratore che stava tornando a casa dopo aver fatto visita ai genitori e alla sorella. In quel periodo i muratori indossavano tutti abiti bianchi e Millwood indossava “dei pantaloni di lino completamente bianchi, ben lavati, un gilet di flanella, apparentemente nuovo, estremamente bianco, e un grembiule, che portava intorno al corpo”. È facile intuire cosa accadde in seguito.
Secondo Anne, la sorella di Millwood, che avrebbe sentito la discussione, Smith avrebbe detto: “Maledetto, chi sei e cosa sei? Maledetto, ti sparo” prima di centrare Millwood alla testa.
Quando sentirono gli spari, diversi vicini corsero fuori per vedere cosa stesse succedendo. Trovando uno Smith agitato in piedi davanti a un cadavere, lo invitarono a tornarsene a casa. Prima che potesse farlo, però, arrivò un agente e lo arrestò. Il corpo senza vita di Millwood fu poi trasportato in una locanda vicina dove un chirurgo, il signor Flower, esaminò il suo corpo.
Flower constatò che la causa della morte era “una ferita d’arma da fuoco sul lato sinistro della mascella inferiore causata da piccoli pallini, all’incirca della misura n. 4, uno dei quali era penetrato nelle vertebre del collo e aveva leso il midollo spinale”. Smith in questo momento, si trovava in un mare di guai.
Il processo e la legge
Smith fu processato per omicidio volontario e il processo per lui non andò nel migliore dei modi. Iniziò con la vedova di Millwood che, in lacrime, raccontò alla corte di aver avvertito il marito di occultare i suoi abiti bianchi. Era già stato scambiato per un fantasma in almeno un’altra occasione e la moglie aveva temuto per la sua incolumità.
La sorella di Millwood rilasciò poi al riguardo una testimonianza schiacciante. La donna ricordò che nonostante Smith avesse avvertito inizialmente il fratello, dicendogli di fermarsi, questi avesse sparato senza pensarci due volte. Il giudice capo, Lord Baron Sir Archibald Macdonald, ricordò alla giuria che per un verdetto di colpevolezza non era necessaria la premeditazione, ma solo l’intenzione di uccidere.
Il giudice sottolineò che Millwood non aveva mai attaccato Smith e non gli era mai stata data la possibilità di provocarlo. Inoltre, Smith non aveva fatto alcun tentativo di “catturare” il fantasma e aveva scelto di sparare all’istante. Per questo motivo ritenne che l’uccisione non potesse essere considerata come un atto di autodifesa o come un colpo partito accidentalmente.
La difesa di Millwood presentò una serie di dichiarazioni sulla buona condotta di Smith, ma il giudice non ne volle sapere. Disse alla giuria che la buona condotta non aveva nulla a che fare con il caso, Smith aveva sparato a Millwood in modo chiaro e semplice. Sottolineò inoltre che Millwood non aveva fatto nulla di male. E che anche se avesse finto di essere un fantasma, si sarebbe trattato solo di un piccolo reato e non di un motivo valido per prendersi una pallottola.
Dopo un’ora di riflessione, la giuria emise il verdetto per omicidio colposo. Il giudice disse loro che potevano scegliere tra l’omicidio e l’assoluzione e li mandò nuovamente in consiglio. I giurati tornarono con un verdetto di colpevolezza. Smith fu condannato all’impiccagione e alla successiva dissezione. Dopo un appello rivolto al Re, la pena fu commutata in un anno di lavori forzati.
Il punto cruciale del caso era se Smith potesse o meno essere ritenuto responsabile delle sue azioni nonostante fossero il risultato di una concezione errata (Millwood era un fantasma). All’epoca il giudice ritenne che il motivo per cui Smith non poteva invocare la legittima difesa era che non si era mai trovato in pericolo. Si era sbagliato e aveva tolto la vita ad un uomo, e quindi avrebbe dovuto pagarne le conseguenze.
Tuttavia, non tutti erano d’accordo, compreso il Re, che commutò la sentenza di condanna originaria. Smith aveva commesso un grave errore, ma era davvero giusto non tenerne conto? Ci sono voluti 180 anni prima che il sistema giudiziario inglese prendesse una decisione.
Una sentenza della Corte d’Appello del 1984 ha stabilito che, in materia di legittima difesa, il fatto che l’imputato si sia sbagliato o meno deve essere preso in considerazione durante il processo. Il giudice del processo, Geoffrey Lane, ha dichiarato che anche se l’errore è irragionevole (come pensare che qualcuno sia un fantasma o che un fucile possa uccidere un fantasma), se l’imputato ci ha creduto in quel momento, allora dovrebbe essere autorizzato ad avvalersene in tribunale.
La decisione fu approvata dal Privy Council nel caso Beckford v. The Queen del 1988 e trovò infine una sicurezza in termini di scrittura quando confluì nel testo legislativo del Criminal Justice and Immigration Act 2008, Sezione 76
Conclusione
Quindi, se Smith fosse stato processato 180 anni dopo, sarebbe riuscito a farla franca per l’omicidio di Millwood? Questo è ancora oggetto di dibattito. Smith uscì in cerca di guai e li trovò.
Che Smith si sia sbagliato o meno, quella notte un uomo completamente innocente perse la vita perché a qualcuno prudeva il dito sul grilletto. Nel Regno Unito sono in vigore regole severe sulla quantità di forza che può essere usata per autodifesa ed è difficile credere che una giuria moderna consideri “forza ragionevole” sparare in testa ad un fantasma con un fucile da caccia.
Resta però una domanda: chi o cosa era il fantasma di Hammersmith? Si scopre che il vero colpevole era un anziano calzolaio e burlone di nome John Graham. Tutta la pubblicità che si era fatta intorno al caso lo aveva convinto a farsi avanti e a confessare. Il suo apprendista aveva spaventato i nipoti di Graham con storie di fantasmi e lui aveva deciso di dargli una lezione travestendosi appunto da fantasma.