Omero è stato un personaggio che ha sempre avuto due ingredienti fondamentali nei suoi racconti del passato: fascino e mistero. E così, un sigillo scoperto dagli archeologi nel sud della Grecia con rappresentazioni di scene dell’Iliade o dell’Odissea, è diventato oggetto di studio, teorie e supposizioni.
La tomba, scoperta nel 2015, a Pylos, nella Grecia sud-occidentale, aveva rivelato uno scheletro ben conservato, ritenuto essere di un importante combattente o sacerdote di 30/35 anni e qui inumato nel 1.500 a.C. ad un profondità di circa 2m. I ricercatori lo chiamarono Guerriero del Grifone perché, al suo fianco, fu rinvenuta una placca di avorio adornata con un grifone, una mitica bestia con il corpo di un leone e la testa e le ali di un’aquila, si resero subito conto di un importante scoperta, tanto che lo stesso Ministero della Cultura greco si era affrettato a definire la “scoperta più importante fatta nel paese in 65 anni“.
Lo scavo ha riportato alla luce più di 2000 oggetti preziosi, ritrovati intorno al corpo, tra cui una spada in bronzo e un pugnale entrambi con l’elsa in oro, uno specchio con manici in avorio, ma ancora collane, pietre di ametista, pettini di avorio, perle, suppellettili di argento e quattro anelli in oro massiccio, ma il pezzo più importante doveva ancora mostrarsi.
“Non ci aspettavamo di certo di trovare qualcosa del genere”, aveva dichiarato alla scoperta Sharon Stocker – l’archeologa che stava conducendo gli scavi da anni nella zona con il marito Jack Davis – aggiungendo che: “Non cercavamo tombe”.
Ma gli sviluppi sulla tomba del Guerriero del Grifone con il tempo si sono rivelati incredibili. Dopo diversi mesi passati ad analizzare i risultati, gli esperti hanno fatto una scoperta ancora più straordinaria. Nascosto sotto l’argilla indurita, tra il corredo della stessa tomba trovata accanto alle rovine del palazzo di Nestore, è apparsa una gemma scolpita che minaccia di riscrivere parte della storia dell’arte greca antica.
È stato necessario più di un anno per pulire dal calcare, fango e polvere, il prezioso sigillo, ma dopo averlo osservato attentamente. si accorsero di avere fronte a una scoperta sorprendente, e più i dettagli dell’oggetto emergevano e più i ricercatori ne rimanevano sorpresi fino a rendersi conto che avevano portato alla luce un capolavoro. “Guardare l’immagine per la prima volta è stata un’esperienza commovente. Alcune persone hanno persino pianto” ha detto Shari Stocker, professoressa dell’Università di Cincinnati.

La miniatura rappresenta un guerriero vittorioso che, dopo aver sconfitto uno dei suoi avversari, che giace i suoi piedi, dirige la sua attenzione su un altro nemico armato di lancia contro il quale sta per affondare la sua spada nel collo. Finora, gli esperti hanno ritenuto che gli abitanti di Micene (nella penisola del Peloponneso) importassero o rubassero la ricchezza della civiltà minoica dell’isola di Creta. Davis e Stocker considerano, tuttavia, che i risultati di Pylos (Pilo), indicano uno scambio culturale molto più ampio e complesso tra micenei e minoici.
«Ciò che è affascinante è che la rappresentazione del corpo umano, è ad un livello di dettaglio e muscolatura che non è riscontrabile fino al periodo classico dell’arte greca, 1000 anni dopo» ha affermato Jack Davis, sottolineando come nessuno avrebbe potuto immaginare che i minoici potessero essere in grado di produrre oggetti con abilità simili e dello stesso parere è John Bennet, direttore della British School di Atene, secondo cui i particolari delle incisioni, considerando le dimensioni del monile, ne fanno «un capolavoro d’arte in miniatura».

Un’accuratezza inspiegabile, in quanto all’epoca, stando a quanto sino ad oggi è possibile sapere, non esistevano lenti d’ingrandimento che permettessero lavorazioni di questo livello, un mistero che altresì avvolge lo stesso autore del gioiello, anche se gli archeologi, ipotizzano possa appartenere alla scuola cretese, al tempo importante fucina di artisti.

Nulla di quanto ritrovato in precedenza, nonostante la raffinatezza, regge il paragone con l’agata, «guardare l’immagine per la prima volta è stata un’esperienza emozionante», afferma Sharon Stocker, osservando come in futuro «questo sigillo dovrebbe essere incluso in tutti i prossimi testi di storia dell’arte, cambiando il modo in cui viene concepita l’arte preistorica».
L’abilità e la raffinatezza della gemma trovata ora “sembra indicare che i Minoici producevano arte di un tipo che nessuno immaginava fossero in grado di fare“, ha spiegato Davis. “La loro abilità e il livello tecnico nell’arte figurativa, in particolare per il movimento e l’anatomia umana, sono al di là di ciò che si immaginava“, ha aggiunto l’archeologo. L’incisione, scolpita nell’agata, è curata nei minimi dettagli, quest’accuratezza, fa del sigillo un tesoro in miniatura.
Il Guerriero del Grifone morì intorno al 1.450 a.C. – 1.500 a.C., mentre la prima versione delle opere omeriche dovrebbe risalire secondo le ricostruzioni al 700 avanti a.C. alle date sembra impossibile che il sigillo possa raffigurare Ulisse. Va però ricordato che secondo gli storici i due poemi si rifanno a una lunga tradizione orale iniziata molto tempo prima.
Ma il sigillo del Guerriero fa solo parte di una serie di misteri che ruotano intorno alla figura di Omero e che contribuiscono a renderlo uno degli autori più affascinanti della letteratura occidentale. A iniziare dalla sua stessa esistenza messa in dubbio con forza dalla seconda metà del seicento in poi, ma sollevata già in tempi antichi. Teorie queste raccolte sotto il nome di questione omerica.
Considerato tradizionalmente il primo poeta greco, non sono pochi gli studiosi che nel tempo hanno affermato che i poemi non siano stati scritti da Omero e che in realtà l’autore non sia mai esistito e che il suo sia stato uno pseudonimo dietro il quale si sono celati più autori.
Anche il suo nome è stato passato al microscopio con interpretazioni che poco si allineano: per alcuni Omero sta a indicare “colui che non vede” – da qui la tradizione che lo vuole cieco – per altri significa “l’ostaggio” e per altri ancora “incontrarsi”, con riferimento a quelle riunioni in cui ci si incontrava per narrare le gesta di eroi epici. Nelle “Vite” poi si sostiene che Omero sia solo un soprannome e che il vero nome sia Melesigene, ovvero “nato presso il fiume Meleto”.
Omero è poi il poeta dalla patria ignota. Gli sono infatti state attribuite sette città natali: Chio, Smirne e Colofone, in testa. E poi Atene, Argo, Rodi e Salamina. è mistero anche sull’era in cui sarebbe vissuto: tra la versione di Erodoto e le altre biografie, la data di nascita di Omero oscilla tra il IX e l’VIII secolo a.C.