La missione Viking era costituita da due sonde, la Viking 1 e la Viking 2, ognuna delle quali costituita da un modulo orbitante (orbiter) e un modulo di atterraggio (lander). Gli obiettivi primari della missione erano: ottenere immagini ad alta risoluzione di Marte, caratterizzare la struttura e la composizione dell’atmosfera e della superficie, la ricercare tracce di vita aliena.
Il Viking 1 fu lanciato il 20 agosto 1975 da Cape Canaveral e giunse su Marte circa 10 mesi più tardi, il 19 giugno 1976. Durante il primo mese di permanenza in orbita, la sonda riprese numerosissime immagini della superficie marziana, alla ricerca di un luogo adatto per l’atterraggio.
Il 20 luglio il lander del Viking 1 si staccò dall’orbiter e atterrò sulla superficie di Marte, in Chryse Planitia, un luogo vicino a quello originariamente programmato come destinazione, ma giudicato non adatto dopo lo studio effettuato sulle immagini ricevute dall’orbiter. Il lander era stato precedentemente sterilizzato in modo accurato durante l’assemblaggio sulla Terra, allo scopo di evitare qualunque possibile forma di contaminazione del suolo marziano.
La durata prevista della missione era di 90 giorni a partire dal momento dell’atterraggio, ma sia il lander che l’orbiter continuarono ad operare ben oltre i termini previsti. L’orbiter continuò a funzionare per ben 4 anni oltre il termine previsto per la missione Viking 1, inviando, insieme alla sonda gemella Viking 2, più di 1400 immagini del pianeta, con risoluzione compresa tra 300 e 150 metri e, in alcune particolari regioni, addirittura di 8 metri per pixel.
Volto su Marte

Tra le immagini scattate, non è possibile non menzionare quella che ritrae il famoso Volto su Marte, un’ampia area della superficie del pianeta Marte, situata nella regione di Cydonia. Fu fotografata per la prima volta il 25 luglio 1976 dalla sonda spaziale Viking 1 che si trovava in orbita sul pianeta. Venne portata all’attenzione del pubblico dalla NASA, che pubblicò la prima foto sei giorni dopo. Altre immagini furono poi rese pubbliche, ed anche in esse era evidente l’effetto di luci ed ombre che riproduceva i tratti di un volto umanoide, da cui quest’area prende il nome.
La foto raffigura uno dei molti altopiani disseminati nella regione marziana di Cydonia. Le sembianze antropomorfe sono dovute ad una combinazione di angolo d’illuminazione (la foto venne scattata con il Sole basso sull’orizzonte marziano), bassa risoluzione della foto (che tende ad ammorbidire le irregolarità della superficie), e tendenza del cervello umano a riconoscere motivi familiari, specialmente volti (pareidolia). Infine, un’interruzione nella trasmissione dati inviati sulla Terra dalla Viking 1 creò una macchia nera esattamente in corrispondenza dell’ipotetica narice.
Questa interpretazione è supportata da successive prove fotografiche prodotte dalla sonda Mars Global Surveyor nel 1998 e nel 2001, e dalla sonda Mars Odyssey nel 2002. Fotografata sotto un’illuminazione completamente differente, e con una risoluzione molto più alta, la zona in questione ricorda molto meno una faccia.
Interpretazioni non scientifiche precedenti al 1998 individuavano nella fotografia un monumento artificiale che alcuni sostengono possa essere la prova che forme di vita extraterrestri intelligenti, abbiano abitato o visitato Marte in un certo momento nel lontano passato.

Il principale sostenitore di questa teoria è Richard Hoagland. Nel suo libro del 1987: The Monuments of Mars: A City on the Edge of Forever, Hoagland interpreta altre caratteristiche circostanti della superficie marziana, come i presunti resti di una città in rovina e di piramidi. Il libro ha contribuito alla diffusione della leggenda sulla natura artificiale del volto.
Altri sostenitori di questa teoria sono lo scrittore azero Zecharia Sitchin (che sostiene che vi sono riferimenti a questa formazione marziana nella letteratura sumerica) ed Ennio Piccaluga.
Il 21 settembre 2006, l’ESA, l’ente spaziale europeo, ha reso pubbliche nuove immagini ad altissima risoluzione della regione di Cydonia. In esse un pixel copre una dimensione di soli 14 metri. Dalle immagini appare l’origine naturale della cosiddetta «faccia». Dalle immagini ad alta risoluzione fornite dalla sonda Mars Express è stato possibile ricostruire una immagine 3D della conformazione.
In conclusione, l’origine artificiale del volto di Cydonia, ripresa dal Viking appariva soltanto a causa di una pareidolistica interpretazione visiva di immagini spaziali a bassa risoluzione.
Apparecchiature scientifiche
Il lander del Viking 1 conteneva diverse apparecchiature scientifiche, tra le quali un sismometro, che però, a differenza di quello montato sulla sonda gemella Viking 2, non funzionò. Tuttavia, quello installato sulla seconda sonda rivelò solo un singolo evento di probabile origine sismica durante tutta la durata della missione.

I tre esperimenti di biologia rivelarono reazioni chimiche strane e inattese sulla superficie marziana, ma non diedero chiara dimostrazione dell’esistenza di microorganismi nel terreno circostante al lander. Secondo gli scienziati, al momento attuale non può esistere vita sulla superficie di Marte, a causa della combinazione di irradiazione ultravioletta, assenza di acqua e natura ossidante del suolo, ma resta aperta la questione sulla possibilità di esistenza di forme di vita su Marte in epoche passate.
I gascromatografi e gli spettrometri di massa installati su entrambi i lander non trovarono traccia della presenza di reazioni chimiche di tipo organico, ma fornirono preziosissimi dati relativi alla composizione del suolo e dell’atmosfera marziana.
Le apparecchiature a bordo del lander erano alimentate da un generatore termoelettrico a radioisotopi che forniva 70 watt di potenza, i quali dovevano essere opportunamente amministrati per garantire, oltre al funzionamento degli apparati elettronici, anche il mantenimento della giusta temperatura, per la conservazione e il funzionamento di tutto il sistema.
Le temperature nel luogo di atterraggio del Viking 1, situato nella zona “tropicale”, variavano tra -14 °C il giorno e -77 °C la notte, mentre nel sito del Viking 2, in zona temperata, variavano tra 4 °C e -120 °C.
La pressione dell’aria, molto variabile nell’arco della giornata a causa della sublimazione e ricondensazione continua delle calotte polari, variava tra 6,8 e 9,0 millibar nel sito del Viking 1, e tra 7,3 e 10,8 in quello del Viking 2. Per confronto, sulla Terra al livello del mare la pressione è di 1000 millibar.
La fine della missione delle sonde Viking
La missione principale del progetto Viking terminò il 15 novembre 1976, 11 giorni prima della congiunzione di Marte (il suo passaggio dietro al Sole). Dopo la congiunzione, a metà dicembre del 1976, i tecnici a Terra ristabilirono i contatti di telemetria e di comando, ed ebbero inizio le operazioni relative alla missione estesa.
L’orbiter rimase operativo fino al 7 agosto 1980, quando, dopo aver compiuto 1489 orbite intorno a Marte, esaurì il carburante necessario a mantenere i suoi pannelli solari orientati verso il Sole, e fu quindi spento dalla Terra. Le trasmissioni del lander cessarono invece l’11 novembre 1982, nonostante i ripetuti tentativi dalla Terra di ristabilire le comunicazioni, continuati per 6 mesi e mezzo.
La missione fu definitivamente dichiarata terminata il 21 maggio 1983, più di 6 anni e mezzo dopo la data prevista inizialmente dai progettisti.