Per combattere i postumi di una bevuta esagerata ci si è inventati di tutto. Dall’occhio di pecora alla cenere di becco di rondine…
Niente medicine. Se nell’antico Egitto si alzava un po troppo il gomito, la cura per i postumi di una sbronza non sarebbe stata una pastiglia, bensì una ghirlanda di foglie di lauro alessandrino da portare al collo. È quello che è emerso dalla traduzione di un papiro, scritto in greco, che riporta la ricetta per curare il mal di testa da ubriachezza.
La persona avrebbe dovuto legare insieme le foglie di Ruscus racemosus, e portarle come una collana. Non è possibile sapere se la cura funzionasse realmente, ma ancora oggi in Cambogia si inalano i fumi di queste foglie per curare mal di testa e vertigini.
Da 5mila anni dunque gli uomini sono alle prese con gli effetti di quello che gli inglesi chiamano hangover (qualcosa che incombe) o il francese gueule de bois (bocca di legno), che chiariscono subito come ci si sente dopo, se prima si è bevuto troppo alcol. Testa che pulsa, sete violenta, nausea, corpo gelatinoso. E un solo desiderio: «Datemi qualcosa per star meglio». Ecco altre curiose pratiche con le quali i nostri antenati hanno cercato una soluzione.
Polmone di pecora arrostito oppure uova di civetta. Erano i toccasana consigliati da Plinio il Vecchio nel I secolo d.C.
L’austero filosofo Seneca (I secolo d.C.) lamentava che i suoi contemporanei vomitano per mangiare, mangiano per vomitare. Gli antichi Romani, grandi estimatori del buon vino, durante i banchetti delle classi più agiate mangiavano e bevevano senza limiti. Lo scrittore romano Plinio il Vecchio raccomandava di non eccedere con l’alcol perché il giorno dopo «l’alito sa di botte, ogni cosa viene dimenticata e la memoria è come morta».
Consiglio inascoltato. Per alleviare i postumi della bevuta, già gli antichi Greci mangiavano cavoli e ingurgitavano molta acqua. Plinio consigliava anche di mangiare il polmone di pecora arrostito oppure uova di civetta messe per tre giorni nel vino. In alternativa, proponeva di rispolverare un’antica ricetta assira: cenere del becco di rondine tritata con mirra e vino.
Combattere i postumi della ciucca con altro alcol: di certo non si faceva nel Medioevo quando ubriacarsi era vietato.
Esiste una credenza secondo cui per alleviare i sintomi di una sbronza bisogna… bere altro alcol (addirittura alcuni cocktail funzionerebbero meglio di altri come il Bloody Mary, base di vodka e succo di pomodoro, o il Black Velvet, miscela di birra scura e champagne).
Difficilmente avrebbe però potuto prendere piede nel Medioevo quando la condanna all’ebbrezza diventò totale. Gli sbronzi erano puniti con una gogna pubblica, nota anche come mantello dell’ubriacone: erano costretti a uscire di casa dentro una botte senza fondo e coperchio superiore.
Da tempi remoti, in Oriente per gli avvinazzati si consigliano intrugli a base di erbe. Ma anche cocktail con occhi di pecora.
Da migliaia di anni i cinesi preparano infusi a base di erbe che aiuterebbero il corpo a combattere febbri, mal di testa e sbornie varie. Il più famoso di questi beveroni è il kakkonto, oggi diffuso in tutta l’Asia, che si prepara con radice di kudzu, cinnamomo, datteri, zenzero, liquirizia e radice di peonia. Un rimedio ben più macabro si trova invece in Mongolia, dove dopo un’ubriacatura si consiglia di mandar giù con del succo di pomodoro un occhio di pecora sottaceto.
Fin dal suo esordio, nel 1886, la Coca Cola fu venduta anche come rimedio per mal di testa e stanchezza da dopo sbornia.
La Coca Cola per via del suo alto contenuto di glucosio e di caffeina può venire in soccorso dopo aver alzato troppo il gomito. Nel 1886, quando fu venduta per la prima volta ad Atlanta, era prescritta come rimedio per il mal di testa e la stanchezza, secondo alcuni anche post ciucca.
Nel 1938, sempre negli Usa, l’hotel di lusso Ritz-Carlton cominciò a servire una sorta di cocktail del giorno dopo, in cui si allungava la Coca Cola con il latte. Ernest Hemingway, noto bevitore, si riprendeva bevendo succo di pomodoro e birra. La comunità scientifica non ritiene che esistano trattamenti efficaci per curare gli effetti dell’alcol. Insomma, qualunque cosa proviate, probabilmente non funzionerà.