Mu’ammar Gheddafi governa per 42 anni la Libia, un tempo molto lungo dove il Paese africano attraversa diverse fasi sia politiche che economiche. Il colonnello, come nei primi anni si fa chiamare Gheddafi, nel bene e nel male è l’assoluto protagonista della storia recente della Libia.
Il 26 dicembre 2007 l’Africa acquistò un Satellite per lo sviluppo del proprio sistema di comunicazioni transcontinentali, l’African Development Bank aveva sborsato 50 milioni di dollari dei 400 necessari, la West African Development Bank ne aveva aggiunti 27 e la Libia aveva contribuito con 300 milioni, rendendo l’acquisto possibile. Il nuovo sistema connetteva tutto il continente a livello telefonico, radiofonico e televisivo, oltre ad altre applicazioni tecnologiche come la telemedicina e l’insegnamento a distanza.
Dopo 14 anni di perdite di tempo del FMI e della Banca Mondiale, la generosità del leader libico Mu’ammar Gheddafi aveva permesso l’acquisto del satellite, così da evitare alle nazioni africane di richiedere un prestito di 500 milioni di dollari, ma Gheddafi con questa mossa aveva privato le banche occidentali di potenziali miliardi in prestiti e interessi.
Al tempo, Gheddafi stava anche cercando di creare un sistema bancario trans africano basato sull’oro, per liberare il continente dai vincoli finanziari con il FMI e la Banca Mondiale – questo avrebbe ulteriormente danneggiato i due predatori.
Fin dal 2003 Gheddafi aveva lavorato sodo per ristabilire la sua reputazione di finanziatore del terrorismo, rinunciando a qualsiasi futuro supporto alle organizzazioni terroristiche e creando un fondo per le vittime dei voli Pan Am 103 e UTA 772, entrambi abbattuti da attacchi terroristici, dei quali si sospettava un finanziamento libico.
Il 10 dicembre 2007 Gheddafi si era recato in Francia per un incontro con il Presidente Nicolas Sarkozy. Durante il loro incontro dell’11 dicembre all’Eliseo, Gheddafi e Sarkozy avevano siglato accordi per un valore di 15 miliardi di dollari riguardo forniture militari e la costruzione di una centrale nucleare, ma ciò che più contava oltre al commercio era già in agenda. In un report del 12 marzo 2012, il consorzio di giornalismo investigativo Mediapart dichiarava:
«Secondo informazioni contenute in un report confidenziale preparato da un esperto francese di terrorismo e finanziamenti al terrorismo stesso, la campagna elettorale presidenziale del Presidente Sarkozy del 2007 aveva ricevuto almeno 50 milioni di euro di fondi neri dal regime del dittatore libico M’uammar Gheddafi».
Documenti diffusi da Mediapart l’11 settembre 2016 confermano che le relazioni finanziarie tra Sarkozy e Gheddafi risalivano almeno al 10 dicembre 2006. Appena diffuse queste informazioni nel 2012 Sarkozy aveva negato di aver ricevuto denaro libico come finanziamento – pratica illegale in Francia, che lo avrebbe condotto in carcere – e tentò di denunciare Mediapart per le accuse.
Tuttavia, da un’investigazione ufficiale sulla condotta di Sarkozy era trapelata sul sito di Mediapart che le prove riconducevano direttamente al Presidente francese e confermava che aveva ricevuto il denaro libico.
Gheddafi aveva capito che a causa dell’iniziativa del satellite e della sua proposta di un sistema bancario panafricano (delle quali sicuramente l’occidente era a conoscenza), la sua popolarità presso i leader occidentali era in terribile calo, tanto da renderlo un possibile obiettivo di un cambio di regime, perciò aveva sperato che finanziando il leader francese avrebbe comprato un’assicurazione sulla vita. Nel frattempo aveva fatto del suo meglio per apparire come un uomo di stato pro-occidente.
Nell’agosto del 2008 Gheddafi aveva firmato accordi con gli USA formalizzando la compensazione per le vittime del terrorismo di stato e nel settembre 2008, Condoleeza Rice aveva visitato la Libia e dichiarato che le relazioni tra le due nazioni stavano entrando in una nuova fase.
Nel febbraio 2009, Gheddafi venne eletto Presidente dell’Unione Africana e per la prima volta aveva reso pubblica la definizione Stati Uniti d’Africa e aveva suggerito la possibilità di un sistema bancario panafricano. Profeticamente il 12 marzo 2009 Sarkozy aveva introdotto la Francia nella NATO, violando una tradizione risalente ai tempi di De Gaulle.
Successivamente, ad Agosto del 2009, Abdelbaset Ali al-Megrahi – pregiudicato per aver partecipato al bombardamento del volo Pan Am 103 – fu rilasciato dal carcere in Scozia ed accolto come un eroe al suo ritorno in Libia, più tardi lo stesso anno la Libia aveva siglato un accordo con la Russia per l’acquisto di 1.8 miliardi di dollari in armi. Questi eventi non migliorarono la posizione di Gheddafi agli occhi dei leader occidentali.
Per di più, il piatto era molto ricco, prima della caduta di Gheddafi, la Libia aveva riserve liquide per 150 miliardi di dollari, oltre alle 143 tonnellate di oro nelle casseforti. Larga parte di questo denaro era stata accantonata come contribuzione libica per tre progetti fondamentali che sarebbero serviti a dare l’ultimo tocco alla Federazione Africana – la African Investment Bank a Sirte, Libia, la creazione, nel 2011, del Fondo Monetario Africano, e la creazione della Afrcan central Bank ad Abuja in Nigeria, che iniziando a stampare valuta africana avrebbe suonato un requiem per il franco CFA, attraverso il quale Parigi aveva tenuto al giogo vari stati africani per più di 50 anni.
Il 7 giugno 2016, Bob Fitrakis scrive su Black Opinion: le vere ragioni dell’attacco sono state spiegate da uno dei più famosi sicari economici statunitensi, John Perkins, spiega, che l’attacco alla Libia, come quello all’Iraq, ha a che fare solo con il controllo delle risorse, non solo petrolio, ma anche oro. La Libia ha il più alto standard di vita in Africa.
Secondo il FMI, la Banca Centrale Libica è al 100% di proprietà statale e lo stesso FMI stima che la banca abbia riserve in oro per quasi 144 tonnellate. La NATO è andata in Libia come un moderno pirata per saccheggiarne l’oro. I media russi, oltre a Perkins, hanno scritto che il panafricanista Gheddafi, l’ex Presidente dell’Unione Africana, sosteneva che l’Africa avrebbe usato l’abbondante oro presente in Libia e Sud Africa per creare una valuta africana basata sul dinaro aureo.
È significativo che nei mesi che hanno portato alla risoluzione dell’ONU che ha permesso agli USA e ai loro alleati di invadere la Libia, M’uammar al-Gheddafi parlava apertamente della creazione di una nuova valuta che avrebbe rivaleggiato con dollaro ed euro. Infatti questi invitava le nazioni africane e musulmane ad unirsi in un’alleanza che avrebbe dato vita alla nuova valuta, il dinaro aureo, la forma principale di scambio internazionale, quindi avrebbero venduto petrolio e altre risorse in dinari aurei.
Nel dicembre 2010, una rivoluzione in Tunisia abbatté il governo. In seguito, nel 2011, incominciarono le Primavere arabe: rivolte popolari in Oman, Yemen, Egitto, Siria e Marocco. Mentre queste avevano portato al cambio di regime in Tunisia, in Egitto erano state brutalmente soppresse, mentre in Siria e Yemen avevano scatenato guerre civili non ancora estinte. Quelle in Oman e Marocco si erano spente da sole.
In Libia le cose non stavano andando meglio, a partire dal 15 febbraio 2011, una serie di proteste che chiedevano la cacciata di Gheddafi diedero iniziò all’insurrezione popolare. Il 17 febbraio 2011 fu una delle giornate più calde della rivolta, nota come la rivoluzione del 17 febbraio. Il 20 febbraio 2011 si parlava di 300 civili morti e del fatto che Gheddafi avesse sguinzagliato l’aviazione contro i dissidenti a Tripoli.
Sarkozy a quel punto aveva trovato il modo di salvare i suoi amici banchieri e di coprire i finanziamenti illegali ricevuti da Gheddafi. Il 10 marzo 2011 Sarkozy decise di riconoscere come governo libico il Consiglio Nazionale di Transizione, l’ombrello sotto cui operavano i ribelli, e dichiarò l’istituzione di una no-fly zone, nel caso in cui Gheddafi avesse deciso di utilizzare armi chimiche contro la propria popolazione.
Da un report del Guardian dell’11 marzo 2011: La decisione unilaterale di Sarkozy di riconoscere il consiglio di transizione della Libia come legittimo rappresentante del popolo libico era grossolanamente prematuro. «Sarkozy sta agendo da irresponsabile» aveva affermato un diplomatico europeo.
Mark Rutte, Primo Ministro olandese, affermò «La trovo una mossa folle da parte della Francia. Fare un passo avanti e sostenere «Riconosco un governo di transizione» a sfregio di ogni pratica diplomatica non è la giusta soluzione per la Libia».
Il 19 marzo 2011 Sarkozy diresse i caccia francesi in missione contro la Libia e ordinò alla portaerei Charles de Gaulle di recarsi in acque libiche, ma i Francesi non erano soli, nella stessa settimana – il 15 marzo – un F15 statunitense si era schiantato in Libia. Il 29 marzo gli USA avevano confermato che A-10 Warthog e elicotteri d’assalto A-130 erano stati inviati in Libia.
Il 16 aprile il giornalista Jeremy Scahill, intervistato a The Eld Show: gli agenti della CIA sul campo in Libia sono in stretta relazione con i ribelli. Questa, come ha detto il Colonnello Jacobs, è la normalità. Ciò che mi preoccupa maggiormente è che sicuramente ci sono già operazioni speciali statunitensi sul territorio, che si preoccupano di marchiare gli obiettivi che dovranno essere colpiti dagli attacchi aerei.
Ed, devo dirti che lo scenario di cui parli – quando parli di armare i combattenti per la libertà, mi porta alla mente le disastrose guerre sporche degli anni ’80, cioè, gli USA che vengono direttamente coinvolti in una guerra su territorio libico, con un pugno di ribelli… questi non hanno addestramento militare. Voglio dire, tu mi sta dicendo che gli USA sono nettamente schierati con una delle due parti di una guerra civile.
Il 7 giugno 2016 Fitrakis scrive:… in un documento del Dipartimento di Stato declassificato, inviato ad Hillary Clinton il 2 aprile 2012, l’assistente Michael Blumenthal conferma che Perkins aveva ragione e che l’attacco sulla Libia non aveva nulla a che fare con il fatto che Gheddafi potesse essere una minaccia per la NATO o gli Stati Uniti, ma che l’unico obiettivo era razziarne l’oro.
Il governo libico possiede 143 tonnellate d’oro e una quantità simile di argento. Nel tardo marzo 2011, queste riserve vennero spostate a Sabha (verso il confine sud occidentale con Niger e Ciad); Blumenthal aveva informato la Clinton, sottolineando l’importanza di quell’oro, che veniva accumulato come riserva per la creazione di una valuta panafricana legata al dinaro aureo libico.
Questo piano avrebbe permesso ai paesi francofoni africani di avere un’alternativa al franco francese (CFA). Blumenthal rivela la ragione dell’attacco NATO e del saccheggio imperiale francese, l’intelligence francese è venuta a conoscenza di questo piano poco dopo lo scoppio della ribellione, questa è stata una delle ragioni che ha spinto il Presidente Sarkozy a sferrare l’attacco.
Cinque le ragioni della guerra illegale della NATO contro la Libia. Secondo Blumenthal Sarkozy cercava:
- di ottenere una fetta maggiore della produzione libica di petrolio;
- di aumentare l’influenza francese in nord Africa;
- di migliorare la sua posizione in Francia;
- di fornire all’esercito francese un modo di mettersi in luce;
- di soddisfare la preoccupazione dei suoi consiglieri nei confronti del piano a lungo termine di Gheddafi, di soppiantare la Francia come potenza dominante nell’Africa francofona.
È ovvio che Blumenthal avesse inteso il bisogno di Sarkozy di proteggere i banchieri francesi dal piano di Gheddafi, ma sicuramente non poteva avere idea dell’ulteriore motivo – eliminare le prove del proprio coinvolgimento nei finanziamenti illegali. Va inoltre notato – e sottolineato – che nessuna delle ragioni elencate nell’e-mail di Blumenthal potrebbe giustificare un’invasione di uno stato sovrano.
Il 30 marzo 2011 il governo britannico espulse 5 diplomatici dall’ambasciata libica, visto che le relazioni tra Libia e occidente continuavano a peggiorare. Nei mesi successivi la guerra imperversò in tutta la Libia. Ad un certo punto si promosse una tregua tra governo libico e Consiglio Nazionale di Transizione (NTC), che non durò e in agosto la nazione era nuovamente messa a ferro e fuoco dalla guerra civile.
Dopo il 31 marzo 2011 gli USA avevano applicato la no-fly zone sui cieli libici, apparentemente per aiutare una rivolta legittima e togliere dal suo trono un dittatore sanguinario, ma i risultati degli attacchi andarono ben oltre il cambio di regime di Gheddafi.
Il 18 giugno 2011 la NATO ha attaccato il Grande Fiume Artificiale, un enorme progetto per l’irrigazione che portava l’acqua ad immense distese aride. I caccia colpevoli di questo crimine non solo hanno distrutto un pezzo vitale delle infrastrutture libiche, ma il 22 luglio hanno fatto a pezzi anche l’unica fabbrica che poteva costruire i pezzi per le riparazioni necessarie. Questa mossa malvagia non aveva alcuno scopo, se non quello di punire tutta la popolazione libica.
Aiutati e sostenuti dalle potenze occidentali, i ribelli assediarono Tripoli e il 21 agosto 2011 la città cadde nelle mani dell’NTC. La fine del Colonnello inizia con una telefonata satellitare che fa a Damasco, forse per garantirsi un rifugio in Siria, intercettata dagli alleati. Così la Nato ha la certezza che il Raìs in fuga è asserragliato nell’ultima ridotta di Sirte, la sua città natale. Il 20 ottobre 2011 Gheddafi e i resti dei suoi fedelissimi decidono l’ultima disperata sortita per sfuggire all’assedio.
«Nei giorni precedenti c’erano state diverse missioni tattiche di almeno 9 elicotteri su Sirte – ha raccontato una fonte Nato -, uno inglese e gli altri francesi, che colpivano obiettivi mirati». Non sono certo bombardamenti a casaccio. Quando la colonna si mette in marcia è composta da 75 mezzi zeppi di guardie del corpo e con gli ultimi gerarchi del regime.
Un velivolo in ricognizione della RAF individua il convoglio, ma subito dopo un drone Predator pilotato da Las Vegas e decollato dalla base americana di Sigonella lancia il primo missile Hellfire sul convoglio. Sulla scena interviene una coppia di caccia francesi Rafale, già in volo, che martellano la colonna fino a «esaurire il munizionamento».
I raid probabilmente condotti anche con elicotteri mettono fuori uso un terzo del convoglio e una dozzina di mezzi scappano verso sud. Gheddafi è costretto a fermarsi trovando riparo in uno scolo di cemento sotto la strada. I piloti dei velivoli Nato e il Predator forniscono continue informazioni alle basi Nato in Italia che gestiscono le operazioni aeree. Parte di queste informazioni vengono girate ai corpi speciali e all’intelligence alleata, al fianco dei ribelli a Sirte.
Quando i ribelli tirano fuori il Colonnello dal suo rifugio scoppia il caos e l’eccitazione per la cattura del nemico numero 1. Gheddafi viene pestato, sodomizzato – gli fu infilata una baionetta nel retto – ed è ferito, ma vivo. Qualcuno grida «ammazziamolo» e altri che bisogna portarlo a Misurata.
L’idea è di processarlo ed esibirlo come un trofeo. «L’impressione è che dopo il primo gruppo di insorti che catturano Gheddafi vivo ne sia arrivato un secondo, che sapeva esattamente cosa fare e aveva ordini precisi di eliminare i prigionieri» ha spiegato una fonte riservata, all’epoca in prima linea.
Gheddafi è sanguinante e stremato, ma respira ancora fino a quando arriva il secondo gruppo e lo sbattono su un fuoristrada. Poi le immagini si confondono, le urla aumentano e si sentono dei colpi d’arma da fuoco. Il Colonnello è morto. Non si capisce e non si è mai saputo chi abbia sparato. L’autopsia rivela che è stato ucciso da un proiettile all’addome e da un altro in testa.
Un’esecuzione eseguita da qualcuno «infiltrato» fra i ribelli e arrivato con il secondo gruppo. Tempo dopo Mahmoud Jibril, primo ministro alla caduta del regime, si è detto convinto che «un agente straniero mescolato ai rivoluzionari ha ucciso Gheddafi». In tanti in Libia sono convinti che sia stata un’operazione pilotata dalla Francia per tappare la bocca al Colonnello per sempre, ma la verità non si saprà mai.
Prima della morte di Gheddafi la Libia era una nazione stabile, se non una tradizionale nazione stato. Secondo un report intitolato «La Libia di Gheddafi era la più prospera democrazia africana» di Garikai Chengu, apparso il 12 gennaio 2013.
«La Libia era divisa in innumerevoli piccole comunità che di base si comportavano come piccoli stati autonomi all’interno di uno stato più grande. Questi avevano il controllo sui propri distretti e potevano prendere una serie di decisioni tra cui come allocare gli introiti della vendita di petrolio. All’interno di questi mini-stati, i tre principali organi della democrazia libica erano Comitati Locali, Congressi Popolari e Consigli Rivoluzionari Esecutivi».
Chengu spiega come i Comitati Locali facessero riferimento ai Congressi del Popolo, che poi passavano le decisioni ai Consigli Rivoluzionari Esecutivi, creando così un consenso diffuso sulle decisioni che riguardavano tutta la popolazione.
«La democrazia diretta in Libia utilizzava la parola elevazione più che elezione, ed evitava le campagne politiche, che sono una caratteristica tipica dei partiti e beneficiano solo delle promesse elettorali. A differenza dell’occidente, i Libici non votavano solo ogni 4 anni per il Presidente e un parlamento centrale che prendesse tutte e decisioni per loro. Tutti i Libici prendevano decisioni riguardo la politica interna, quella estera e quella economica».
Rovesciare Gheddafi ha fatto a pezzi un sistema di governo che aveva funzionato bene – e tranquillamente – per quasi 50 anni.
Sarkozy rimane un uomo libero. Deve ancora essere perseguito per aver ricevuto illegalmente denaro libico per finanziare la propria campagna elettorale e per aver scatenato una guerra illegale per coprire la propria relazione illegale con Gheddafi.
Molto è stato scritto circa la catastrofe caduta sulla Libia a seguito dei criminali attacchi francesi e statunitensi – 400.000 persone strappate alle proprie case, violenze e repressioni, la creazione di un nuovo stato fantoccio in seguito ad un’iniziativa di politica estera degli USA.
Ma il vero danno è stato arrecato all’Africa stessa, se la proposta di Gheddafi di un sistema bancario trans africano fosse giunta a compimento, quello sfortunato continente per la prima volta in secoli avrebbe avuto una vera libertà e una vera indipendenza a portata di mano, una circostanza che le potenze occidentali non si sarebbero potute permettere. Libertà e giustizia non hanno mai fatto parte dell’agenda occidentale.
La sera del 20 ottobre 2011, durante un’intervista alla CBS alla notizia della morte di Gheddafi, il Segretario di Stato Hillary Clinton si lasciò scappare una battuta con il suo staff, affermando «Siamo venuti, abbiamo visto, lui è morto», poi applaudì e rise fragorosamente. Questa rimane una delle più vili e degradanti immagini di sempre di un membro del governo degli Stati Uniti.