Paul Templer potrebbe essere l’unica persona ad essere stato inghiottito dall’animale gigante e a essere miracolosamente riuscito ad uscirne vivo per raccontare la bizzarra e tragica storia.
Nel 1996 Paul, 27 anni all’epoca dei fatti, gestiva una piccola attività organizzando escursioni in canoa sul fiume Zambesi, vicino le Victoria Falls, in Zimbabwe. Una sera, di ritorno da una gita con alcuni turisti e tre assistenti, una delle canoe che stavano usando fu sbalzata in aria da un grosso ippopotamo.
Paul indicò agli altri dove dirigersi per essere al sicuro, poi girò la suo canoa e provò a raggiungere Evans Namasango, una delle altre guide, che era finito in acqua. L’ippopotamo era stato aggressivo nei confronti dei turisti anche in passato, e proprio lo stesso Paul, in un viaggio precedente, era già stato sbalzato fuori dalla sua canoa.
Paul cercò di aggirare il gruppo di animali, ma le cose andarono diversamente.
Mi avvicinai per afferrare il suo braccio, ma proprio mentre stavo per toccare le sue dita, come in un film di Hollywood, fui circondato dal buio totale. Non ci fu transizione. Nessun senso di pericolo. Era come se improvvisamente fossi diventato sordo e cieco.
La mia prima impressione fu di sollievo totale, perché in un primo momento temevo di essere nella bocca di un coccodrillo, stranamente ebbi un po di conforto che fossi nella bocca di un ippopotamo.
Capivo che le mie gambe erano nell’acqua, ma il mio torso era quasi del tutto asciutto. Era come se fossi intrappolato in qualcosa di viscido. C’era un terribile odore sulfureo, come di uova marce, e una forte pressione sul mio petto. Le mie braccia erano intrappolate, ma riuscii a liberarle e sentii con il palmo i peli del muso dell’ippopotamo. Fu solo a quel punto che capii che ero sott’acqua, intrappolato fino alla vita nella sua bocca.
Paul ha raccontato che riuscì a liberarsi per un momento, risalì a galla e dopo aver preso una boccata d’aria, provò a raggiungere la canoa di Evans, ma l’ippopotamo lo attaccò per una seconda volta.
Mi divincolai più forte che potevo e nei pochi secondi in cui aprì le fauci riuscii a scappare. A quel punto cercai di nuotare verso Evans, ma lo stesso ippopotamo mi aggredì di nuovo. Questa volta sembrava veramente impazzito.
La seconda fu ancora più violenta della prima, venne preso nuovamente nella morsa dell’ippopotamo, lanciato in aria, riafferrato e trascinato sott’acqua. Paul sentiva il suo corpo che veniva maciullato dal morso dell’ippopotamo, mentre tratteneva il fiato sperando che l’animale cedesse prima di lui.
Ha morso così forte che ho pensato che mia avrebbe troncato a metà. Ero relativamente calmo e ricordo di essermi chiesto chi potesse trattenere il respiro più a lungo.
Poi l’ippopotamo, fortunatamente, risalì in superficie per prendere aria, e Paul fu recuperato da una delle altre guide e portato a riva per ricevere immediato soccorso.
Vedevo il mio sangue risalire in superficie attraverso le acque del fiume e a quel punto mi colse un senso di rassegnazione, fino a quando non lo sentii andare in superficie per letteralmente sputarmi fuori dalle sue fauci.
Mentre giaceva sanguinante chiese di Evans, ma gli fu detto: «Se n’è andato, amico»
Gli ippopotami hanno la fama di animali placidi che spesso gli è attribuita, infatti è molto raro che un ippopotamo attacchi con tanta ferocia e determinazione un uomo, tuttavia in Africa, ogni anno perdono la vita circa 500 persone; possono avere fino a 40 denti, 6 incisivi e due canini che possono raggiungere anche i 50 centimetri di lunghezza.

Paul, aveva ferite profonde su tutto il corpo, un braccio quasi del tutto a pezzi, ferite alla testa e a un piede, un buco nella schiena da cui si vedeva un polmone. Paul si è salvato per pura fortuna: il gruppo che stava cercando di portarlo in salvo, incontrò una squadra di soccorso che si stava esercitando nelle vicinanze.
Senza antidolorifici, ci sono volute otto ore per arrivare in ospedale per il primo di una serie di interventi chirurgici per tentare di salvarlo. In ospedale gli dissero che avrebbero dovuto probabilmente amputargli entrambe le braccia e una gamba: alla fine Paul ha perso solo il braccio sinistro.
Il corpo di Evans è stato recuperato dal fiume pochi giorni dopo. L’ippopotamo – che le autorità volevano abbattere – non è mai stato trovato.
Paul, oggi vive a Chicago negli Stati Uniti, ha lanciato la Fondazione Templer che aiuta le persone affette da disturbi da stress post traumatico, i bambini malati terminali e i disabili e le loro famiglie. Uno dei programmi, Erin’s Light, prende il nome da sua figlia di 14 anni, che è profondamente compromessa dal punto di vista cognitivo.