Pedro Alonso López, noto come il “Mostro delle Ande”, è un serial killer colombiano condannato per aver ucciso più di 300 persone nelle regioni del Perù, dell’Ecuador e della Colombia. È uno dei serial killer più prolifici della Colombia insieme a Luis Alfredo Garavito e Daniel Barbosa.
Pedro Alonso Lopez, è nato l’8 ottobre 1948 a Tolima, una regione povera della Colombia. Era il settimo dei tredici figli di una prostituta, Benilda Lopez de Castañeda, e di un padre sconosciuto, ha subito violenze e abusi da parte della madre e di altri adulti durante la sua infanzia.
Inoltre, proprio in quel periodo cadeva il periodo denominato La Violencia, una grave crisi sociale che scosse la Colombia tra il 1948 e il 1958, causando oltre 200mila morti. Il conflitto ebbe origine dall’assassinio di Jorge Eliécer Gaitán Ayala, leader populista, il 9 aprile 1948. Tra le vittime ci fu anche il padre di Lopez, Medardo Reyes, esponente del partito di destra. In quegli anni, la violenza era diffusa e la sicurezza nelle strade era quasi inesistente.
Era solo un bambino di 8 anni quando la madre lo scoprì a toccare in modo inappropriato la sorellina. Furiosa, lo cacciò di casa senza pietà. Disperato, riuscì a ritrovare la strada di casa, ma il giorno dopo la madre lo caricò su un autobus e lo lasciò solo a oltre 300 chilometri di distanza.

Lopez da quel momento visse vagabondando per le strade, tirando avanti con l’elemosina e furti destreggiandosi nel pericoloso clima da guerra civile. Diventò uno dei bambini senzatetto conosciuto come gamines. Entrò a fare parte di una banda e iniziò a fumare il basuco, una forma impura di cocaina. Un giorno Pedro, venne avvicinato da un vecchio che, con la scusa di aiutarlo, lo rapì e lo sodomizzò per ore in un edificio abbandonato.
Superata l’esperienza, un anno all’età di 10 anni, si trasferì a Bogotà, capitale della Colombia, dove venne trovato e adottato da una coppia benestante originaria degli Stati Uniti. Iniziò a frequentare una scuola per orfani, ma fu vittima di una violenza sessuale da parte di un docente quando aveva 12 anni.
Pedro abbandonò la famiglia americana che lo aveva adottato portando con sé un po’ di denaro e ritornò a vivere per le strade, dove imparò l’arte del furto di auto. Quando la Violencia si concluse nel 1958, Pedro approfittò della situazione per intensificare le sue attività criminali.
Nel 1969, all’età di 21 anni – alcuni sostengono che ne aveva 18 anni), venne arrestato dalla polizia e condannato a sette anni di reclusione per furto d’auto. Due giorni dopo il suo arresto fu violentato in carcere da quattro detenuti. Poco tempo dopo l’accaduto, si vendicò tagliando la gola a tre di loro con un coltello rudimentale. Gli vennero aggiunti altri due anni di carcere da scontare oltre a quelli già previsti dalla sua condanna.
Dopo aver scontato la sua pena, Lopez tornò in libertà nel 1978. La sua mente era devastata dalle sofferenze subite fin dall’infanzia, dal rapporto conflittuale con la madre, dalle violenze sessuali, dai delitti e dalla reclusione. Il suo rapporto con il genere femminile era compromesso da un profondo rancore verso la madre, che lo aveva abbandonato da bambino. Per questo motivo, provava un sentimento di avversione e disprezzo per le donne, che considerava delle nemiche.
Non si sposò mai, divenne dipendente delle riviste pornografiche. Dalla Colombia si spostò in Perù, dove tornò ad uccidere.
Pedro Lopez uccideva per odio; le vittime erano tutte donne, ragazzine o bambine, indigene dai mezzi economici limitati. Solitamente le seguiva per strada dopo averle notate, poi si avvicinava a loro per instaurare una relazione, fingendosi il loro ragazzo e offrendo loro dei doni, come specchietti o altri oggetti di poco valore..
Non aveva difficoltà a farsi seguire con una scusa banale in luoghi remoti e isolati senza che sospettassero di nulla, in quei luoghi sperduti, le assaliva e ne abusava selvaggiamente per ore. Infine le strangolava a mani nude mentre le guardava dritto negli occhi, cosa che lo eccitava molto. Tutti gli omicidi avvenivano durante il giorno e mai di notte, secondo lui il buio gli avrebbe impedito di vedere bene il momento della morte.
Controllava se le vittime fossero realmente morte o avessero solo perso i sensi, utilizzando uno specchietto si accertava se respirassero ancora e se lo facevano dovevano essere nuovamente soffocate.
Dopo averle uccise passava delle ore in compagnia dei cadaveri, che a volte raccoglieva con cura e li sistemava su un tavolo apparecchiato, dove li invitava a bere una tazza di tè e a conversare cordialmente. Quando si stancava seppelliva i loro corpi in fosse già pronte, spesso in gruppi composti da tre o quattro, perché secondo lui, amavano stare in compagnia.
Infine tornava ancora ad uccidere con un ritmo di circa tre o più uccisioni a settimanali. In seguito confesserà di averne uccise a decine durante la metà e la fine degli anni settanta.
In Perù uccise almeno cento donne appartenenti alle varie tribù Indios. Poi venne scoperto dalla tribù indigena degli Ayacuchos mentre stava cercando di violentare una bambina di 9 anni. Gli indigeni lo catturarono e lo seppellirono nel terreno, lasciandogli scoperta solo la testa.
Se non fosse stato per l’intervento di una missionaria americana che spiegò agli Ayacuchos che la sua morte non sarebbe stata religiosa, lo avrebbero cosparso di un liquido che avrebbe attirato gli insetti e l’avrebbero fatto mangiare vivo, probabilmente sarebbe stato meglio così.
Gli Ayaucuchos consegnarono Lopez alle autorità, La polizia non diede importanza al suo coinvolgimento con la tribù indigena e lo spedì presto in Ecuador. Così fu libero di girare indisturbato tra la Colombia e l’Ecuador, uccidendo nel giro di pochi anni un centinaio di donne in Colombia e almeno centodieci in Ecuador.
Nonostante le numerose segnalazioni di scomparsa e omicidio di giovani donne nella zona frequentata da Lopez, la polizia non lo considerò mai un sospetto. Le indagini furono orientate verso il traffico illegale di esseri umani e la prostituzione, ignorando le prove che indicavano Lopez come il colpevole. Il suo metodo di agire era così abile e discreto che riuscì a sfuggire alla giustizia per anni.
Pedro Alonso Lopez, come nel caso di Luis Alfredo Garavito, un colombiano che ammise di aver ucciso più di centoquaranta bambini e che riuscì a sfuggire alla giustizia per anni, – catturato solo nel 1980, quando commise un errore fatale in Ecuador – fu catturato e finalmente imprigionato dopo aver tentato invano di rapire e violentare una bambina di 10 anni chiamata Maria. La madre della vittima, Carlina Ramon Poveda, aveva visto Lopez portare via sua figlia nella zona del mercato e aveva dato l’allarme.
Le urla della bambina avevano attirato i presenti, che lo fermarono. In carcere si rifiutò di rispondere alle domande degli investigatori. Intanto era già sospettato di quattro omicidi, quando un anno prima in una fossa vennero ritrovati i cadaveri a causa di uno straripamento ad Ambato. Le vittime erano state strangolate così forte che gli occhi erano schizzati fuori dalle orbite.
Solo qualche tempo dopo, con l’aiuto di un padre missionario, il serial killer confessò, raccontando alla polizia gli oltre cento omicidi commessi in Perù, i cento della Colombia e gli oltre centodieci dell’Ecuador, la sua infanzia e il suo modus operandi.
Nonostante le sue confessioni, la polizia dubitava che avesse ucciso così tante persone. Per dimostrare la sua colpevolezza, li portò in diversi luoghi dove aveva sepolto i corpi: solo in Ecuador ne scoprirono 53, che si sommavano alle altre 4 vittime accertate e ai 3 omicidi compiuti in prigione, portando il totale a 60.
Non si sa con certezza il destino di 40 vittime di Lopez, che lui stesso indicò ai poliziotti ma che non furono mai ritrovate. Si pensa che le forti piogge e le frane abbiano cancellato le tracce dei corpi in quel territorio instabile. Gli altri 200 omicidi che Lopez avrebbe commesso in Perù e Colombia non furono mai indagati, perché l’Ecuador non lo estradò.
Pedro Alonso Lopez fu condannato nel 1980 per aver ucciso almeno 110 persone. Nonostante le sue evidenti turbe psichiche, il tribunale lo ritenne responsabile dei suoi crimini. Lopez era dunque in grado di intendere e di volere. La sua condanna fu l’ergastolo: in Ecuador non esiste la pena capitale.
Nel 1999, mentre era detenuto ad Ambato, Ecuador, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai media, che hanno attirato l’attenzione internazionale e dato origine a diversi documentari sul suo caso. La più nota è quella fatta al reporter Ron Laytner a gennaio. In queste dichiarazioni si vanta di essere l’Indimenticabile uomo del secolo, con un record di oltre 310 uccisioni, e di avere la speranza di essere liberato presto grazie alla sua buona condotta.
Dopo essere uscito di prigione il 31 agosto 1994, fu subito fermato dalla polizia come immigrato irregolare. Fu trasferito in un ospedale psichiatrico di Bogotà, in Colombia, dove gli fu sottoposto un esame psichiatrico. L’esame concluse che era mentalmente sano.
Dopo aver ottenuto la libertà provvisoria nel 1998 con una cauzione di 50 dollari, Lopez è stato espulso verso la Colombia. Tuttavia, una settimana dopo è stato nuovamente arrestato in Ecuador e rimpatriato. Nel 2002 è stato accusato di un altro omicidio, ma Lopez era già scomparso; il suo destino è ignoto.
Pedro Alonso López con ogni probabilità detiene il primato di omicidi fra i Serial Killer di ogni epoca.