La tomba di Nastasen si trova nell’antico sito di Nuri, che si estende su quasi 70 ettari di sabbia vicino la riva orientale del fiume Nilo, nel nord del Sudan. Visto dal cielo, la sua caratteristica più riconoscibile è un arco di circa 20 piramidi costruite tra il 650 e il 300 a.C. che sembrano legate insieme come gemme di una collana.
Queste piramidi segnano le sepolture dei re kushiti, i faraoni neri che operavano come vassalli nei ricchi confini meridionali dell’impero egiziano, ma che emersero autonomamente durante il caos politico che seguì la fine del Nuovo Regno. Dal 760 al 650 a.C. circa, infatti, cinque faraoni kushiti governarono tutto l’Egitto, dalla Nubia al Mar Mediterraneo, portando avanti ambiziose attività edilizie su e giù per il Nilo e rianimando le antiche pratiche religiose, compresa la costruzione di piramidi.
La piramide più grande e antica di Nuri appartiene al faraone Taharqa, re kushita che nel VII secolo a.C. radunò le sue truppe verso i confini settentrionali dell’Egitto per difendere Gerusalemme dagli Assiri, guadagnandosi così perfino una menzione nell’Antico Testamento. La sua tomba fu scavata per la prima volta da George Reisner, egittologo di Harvard che visitò Nuri un secolo fa.
Il team di Reisner mappò anche gli altri monumenti funerari di Nuri, più di 80 sepolture reali kushite, circa un quarto delle quali sono sormontate da piramidi di arenaria. Le sue note sul campo mostrano che molte delle tombe che incontrava erano già inondate da acqua sotterranea che filtrava dal vicino Nilo, rendendo lo scavo sporco, pericoloso o addirittura impossibile.

Reisner però, non ha mai pubblicato i risultati del suo lavoro (solo una piccola parte è stata raccolta da un collega in un report nel 1955) e per quasi un secolo il sito di Nuri è stata ignorato.
L’archeologo di Harvard aveva ingiustamente liquidato i re kushiti come razzialmente inferiori e le loro opere solo come eredità delle antiche tradizioni egiziane. In più, nel 1922, la scoperta della tomba di Tutankhamon spostò l’attenzione del pubblico sulla Valle dei Re, circa 800 chilometri più a nord.
Nei decenni successivi, Nuri è sempre sembrato un sito troppo grande e ostico da affrontare. Molte delle sue tombe erano probabilmente sott’acqua e nessuno aveva mai tentato con l’archeologia subacquea in Sudan.
Inoltre, il nord del Sudan, l’antica Nubia, aveva molti altri siti interessanti che potevano tenere occupati gli archeologi negli anni a venire.
Pearce Paul Creasman ha visitato per la prima volta Nuri nel 2018. Insolito ibrido di egittologo e archeologo subacqueo (oltre a professore associato di Dendrocronologia all’Università dell’Arizona), Creasman ha colto la rara opportunità di esplorare le tombe sommerse che Reisner non fu in grado di indagare un secolo fa. Creasman si è concentrato sulla piramide di Nastasen, un faraone minore che governò Kush dal 335 al 315 a.C..
Poiché è stato l’ultimo re sepolto a Nuri, la sua piramide fu costruita sulla peggiore e più bassa area della necropoli reale. Così, se i rapporti di Reisner sulle tombe allagate fossero stati veri, ragiona Creasman, l’esplorazione dell’ultimo luogo di riposo del faraone Nastasen sarebbe stata il modo migliore per valutare l’attuale stato generale di tutti gli altri monumenti. Secondo gli appunti di Reisner, la sua squadra localizzò e scavò le scale che conducono alle camere sotto la piramide di Nastasen.
Uno degli operai di Reisner entrò nella tomba e, probabilmente innervosito dall’acqua alta fino alle ginocchia, si diresse frettolosamente verso la terza e ultima stanza. Lì scavò una piccola fossa in un angolo e raccolse una manciata di ushabti, piccole statuette funerarie incaricate di sostituire il defunto nei lavori da fare nell’aldilà.
La missione lasciò Nuri e nel corso dei decenni la tomba di Nastasen e le scale che portavano ad essa furono nuovamente sepolte dalle sabbie del deserto. La squadra di Creasman ha trascorso la stagione 2018 e parte di quella 2019 scavando proprio le scale.
Ha raggiunto l’apertura della tomba a gennaio e ha scoperto che l’ingresso era completamente sott’acqua, molto probabilmente a causa dell’innalzamento del livello dell’acqua freatica per via dei cambiamenti climatici naturali e causati dall’uomo, come l’agricoltura intensiva nei pressi del sito e la costruzione delle moderne dighe lungo il Nilo.

In questa prima fase del progetto, gli obiettivi di Creasman sono di dimostrare la sicurezza del sistema di approvvigionamento dell’aria, prendere misure di base e scavare accuratamente nella fossa di Reisner per vedere cosa è stato trascurato. Per sbirciare nella bara di pietra, invece, bisognerà aspettare il prossimo anno. Ma ci sono indizi interessanti che fanno pensare che la falda acquifera potrebbe aver impedito ai ladri di saccheggiare la tomba di Nastasen.
L’obiettivo della squadra per il 2020: arrivare alle camere sepolcrali del faraone di 2.300 anni fa. Obiettivo audace e una grande sfida logistica, ma Creasman è ottimista. «Penso che finalmente abbiamo la tecnologia per poter raccontare la storia di Nuri, per riempire gli spazi vuoti di quello che è successo qui», dice. «È un notevole passo avanti nel ricostruire una storia di cui si conosce ancora poco. Una storia che merita di essere raccontata».