Il Tempio di Dendera, situato a circa 2,5 km a sud-est della località di Dendera (Iunet in antico egizio), è uno dei templi meglio conservati di tutto l’Egitto.
La città di Iunet Tantere fu il capoluogo del 6º distretto dell’Alto Egitto. Nei pressi del tempio è stata anche rinvenuta una necropoli composta di tombe a mastaba databili tra il periodo arcaico ed il primo periodo intermedio.
L’intero complesso copre un’area di circa 40.000 m² ed è interamente circondato da un muro di mattoni a secco. Il complesso ospita cappelle, santuari ed un lago sacro oltre ad una chiesa cristiana ed a due mammisi ovvero i luoghi della rinascita.
Benché le attuali strutture risalgano al periodo tolemaico-romano vi sono prove dell’utilizzo del sito fin dal periodo detto Antico Regno. Le più antiche strutture potrebbero risalire al regno di Pepi I (circa 2250 a.C.) mentre sono evidenti i resti di un tempio eretto durante la XVIII dinastia.
L’inizio della costruzione del tempio attuale risale invece al regno di Nectanebo II (360 a.C. – 343 a.C.), ultimo sovrano di origine egizia ad aver regnato sulle Due Terre ed il suo completamento avvenne durante la dominazione di Roma anche se, con ogni probabilità le strutture erette vennero del tutto modificate durante il regno di Tolomeo XII.
Infatti una iscrizione, scoperta nel 1975, celebra la cerimonia del Rito del tendere la corda, ossia di tracciare le fondamenta di un nuovo edificio, nel ventisettesimo anno di regno del sovrano, anno che dovrebbe corrispondere al 54 a.C.; la stessa iscrizione ricorda il completamento del tempio nel nono anno dell’imperatore Augusto, 21 a.C.
Tempio di Hathor

La struttura attualmente visibile risale al termine del periodo tolemaico (I secolo a.C.) anche se sono ancora riscontrabili i resti del tempio eretto durante il Medio Regno.
Alcune decorazioni, come lo Zodiaco, copia dell’originale trasferito nel 1821 in Francia ed ora esposto al Museo del Louvre di Parigi, situato sul soffitto della Grande sala ipostila, sono di epoca romana; sempre della stessa epoca è l’iscrizione greca che dedica il tempio ad Afrodite.
Sul muro d’ingresso è anche riprodotto il nome, scritto in geroglifico, dell’imperatore Traiano. Al di sotto del tempio sono state rinvenute una serie di 12 camere, che una iscrizione permette di attribuire al regno di Tolomeo XII.
Tali camere sotterranee erano utilizzate per la conservazione di offerte e di immagini divine. In una di esse è stato rinvenuto un frammento rappresentate il sovrano Pepi II (VI dinastia).
Raffigurazioni di Cleopatra VI, che si trovano sulle pareti del tempio sono buoni esempi di arte tolemaica egiziana. Uno raffigura Cleopatra, nella stessa posa della dea Iside; mentre l’altro, sul retro degli esterni del tempio, presenta un intaglio di Cleopatra VII Filometore e suo figlio, Tolomeo XV Filopatore Filometore Cesare, che la regina ebbe da Gaio Giulio Cesare.
Misteri del tempio di Dendera
Zodiaco

Il rilievo rappresenta, in modo diverso dai criteri odierni, il cielo come era conosciuto dagli antichi egizi. Le controversie vertono, soprattutto, sulla datazione della rappresentazione. Joseph Fourier, che esaminò lo zodiaco nel 1800, lo datò al 2500 a.C. basandosi sulla situazione astronomica rappresentata.
Jean-François Champollion decifrò nel rilievo i nomi degli imperatori romani Tiberio, Nerone, Claudio e Domiziano attribuendo così la data di erezione del tempio all’ultimo periodo della storia dell’antico Egitto. La, già citata, iscrizione sulle date di erezione dell’attuale tempio conferma l’ipotesi di Champollion.
Recenti studi hanno rilevato come la datazione di Fourier fosse esatta per quanto riguarda la concezione del cielo: lo zodiaco di Dendera riproduce abbastanza fedelmente zodiaci mesopotamici risalenti appunto al III millennio a.C.
Alcuni fautori delle teorie misteriche riguardo alla civiltà egizia affermano che analizzando attraverso sistemi computerizzati i dati ricavabili dallo zodiaco di Dendera questo dovrebbe risalire almeno al 4500 a.C., ossia prima della nascita della civiltà egizia.
«Lampade» di Dendera

Tra i molti bassorilievi che decorano il tempio di Hathor due hanno attirato l’attenzione in modo particolare, essi provengono dalle decorazioni della cripta del tempio.
Si tratta di rappresentazioni simboliche del fiore di loto associato con l’immagine del serpente, tradizionalmente legato ai miti egizi della creazione.
Gli antichi Egizi avevano un modo di stilizzare artisticamente gli oggetti nell’arte molto diverso dal nostro, e una mitologia complessa che non tutti conoscono a fondo. Se non sono lampadine, di cosa potrebbe trattarsi?
Il segno geroglifico dovrebbe rappresentare il serpente primordiale che si erge dal bocciolo del fiore di loto (allungato graficamente per contenere il serpente). Gli egizi simboleggiavano talvolta l’emergere dalle acque del Grande Spirito della vita come un fiore di loto sbocciante, dai petali rovesciati per rivelare il dio della Luce e del Movimento. Il loto è in sé una forma del Dio Supremo.

Nella religione egizia al serpente sono attribuite numerose funzioni simboliche. Il cobra eretto, forma ideale del serpente femmina, è il geroglifico determinativo della divinità femminile, mentre il serpente maschio ha numerose valenze.
Tra queste, ad esempio, quella di Spirito, custode della terra e del mondo sotterraneo. In altri casi vediamo invece il gigantesco serpente Apopis nemico del dio Sole, che personifica i poteri delle tenebre e deve essere respinto ogni giorno all’alba e al tramonto, o ancora il Dio dell’Acqua, vivente soprattutto nelle caverne da cui si pensava scaturisse la piena del Nilo.
Il serpente era inoltre il segno distintivo del non-umano, creatura primordiale che vive nella terra buia e nelle profondità delle acque, misterioso, ostile e forse molto saggio.
In alcuni contesti il determinativo del fiore di loto con un serpente all’interno, insieme con il determinativo della pianta della casa, stanno ad indicare il santuario, la cappella o il tempio. Allo stesso tempo, la presenza del Pilastro djed (dd), l’isolatore su cui poggia la lampadina, richiama una cerimonia molto importante compiuta durante i rituali del Giubileo regale in cui il sovrano, assistito dai sacerdoti, innalzava mediante corde un grande pilastro simbolico della rinascita di Osiride.
Quindi, secondo questa teoria la scena raffigurata sul bassorilievo potrebbe rappresentare la costruzione dei due santuari primordiali di Pe e di Nekhen, le antiche capitali dell’Alto e Basso Egitto, e non avrebbe niente a che vedere con l’illuminazione elettrica.