Lo tsunami che colpì l’arcipelago delle Curili del 1952 è stato uno dei cinque più grandi nella storia del XX secolo, fu causato da un sisma nell’Oceano Pacifico, a 130 km dalla costa della Kamčatka situata nell’Estremo Oriente dell’Unione Sovietica, oggi Russia. Un’ora dopo il potente terremoto di magnitudo 9, la prima onda raggiunse Severo-Kurilsk.
In un certo senso, questo può essere definito lo «tsunami del silenzio» poiché, per ordine di Stalin in persona, nessuno all’epoca ne parlò in Unione Sovietica, cercando di mettere a tacere i risvolti di questa catastrofe naturale.
La notte prima al disastro la natura rimase in silenzio
La notte del 5 novembre 1952, un violento terremoto di magnitudo 9 della scala Richter colpì l’Oceano Pacifico. L’epicentro era a circa 200km da Petropavlovsk-Kamčatskij a circa 30km di profondità. A causa del terremoto si verificò uno tsunami devastante, le cui onde raggiunsero un altezza compresa tra i 10 e i 18 metri.
Tuttavia, Petropavlovsk-Kamčatskij non venne colpita – la città si salvò grazie a uno stretto passaggio nella baia dell’Avača, nonostante ciò il terremoto fu avvertito dai residenti della zona. I marinai dei pescherecci in rada furono i primi a rendersi conto del fenomeno.
Il giorno prima del disastro, tutta la natura si era improvvisamente ammutolita. Gli anziani, che avevano trascorso i loro anni nelle Curili settentrionali, avevano capito che non era una buona cosa, infatti, molti di loro si erano già spostati in collina. Tutti si accorsero che stava per accadere qualcosa, ma nessuno sapeva cosa.
Qualcuno urlò di una striscia scura apparsa sulla superficie dell’acqua, era il mare che si stava ritirando. In effetti, le onde avevano cominciato a ritirarsi sempre più velocemente, tanto che il fondo della baia era rimasto scoperto, portando alla luce rocce e sedimenti che nessuno aveva mai visto prima.
Successivamente, dopo circa 35 minuti dal sisma, lo tsunami si scagliò sull’isola. A causa del rumore, delle urla e del panico, molte persone non si resero subito conto di ciò che stava accadendo. Chi era uscito dalle proprie abitazioni spinto da altri, iniziò a fuggire verso le colline. La marea non riuscì a raggiungere le alture, ma trascinò con sé tutti coloro che avevano abbandonato le loro case per ultimi. L’onda era alta quanto un palazzo di cinque piani.
Molte abitanti si rifiutarono di lasciare le loro abitazioni, salirono sui tetti delle case pensando che sarebbero riusciti a sfuggire all’onda, ma sparirono dopo il ritiro delle acque del mare.
Trascorsi altri 20 minuti, l’isola fu colpita per una seconda volta, questa onda era ancora più grande, raggiungeva un’altezza di dieci metri. Nel frattempo però, molti degli abitanti erano scesi dalle colline per cercare i parenti dispersi e per liberare il bestiame dalle stalle. La gente non immaginava che un’maremoto è caratterizzato da una considerevole lunghezza d’onda, tanto che possono trascorrere decine di minuti prima che il mare attacchi nuovamente.
La gente, credendo che tutto fosse già finito, cominciò a sistemarsi nelle case superstiti per riscaldarsi e vestirsi. L’acqua, non incontrando alcuna resistenza sul suo cammino… si precipitò di nuovo sulla terra, distruggendo del tutto le case e gli edifici rimasti. Questa onda rase al suolo l’intera città e uccise la maggior parte della popolazione.
Successivamente arrivò la terza ondata, con un’altezza di 5-8 metri, che ripulì i resti di ciò che le prime due avevano distrutto e spazzò via le altre le persone che stavano tentando di fuggire verso le colline. Molti di loro cercarono di salvare i bambini, le donne e gli anziani nonostante il pericolo.
Sulle alture circostanti erano presenti delle postazioni dell’esercito dove si svolgevano le esercitazioni, nelle quali i sopravvissuti trascorsero i giorni successivi al disastro. Quando finalmente le onde si ritirarono, diversi aerei da ricognizione da Petropavlovsk-Kamchatsky volarono a Severo-Kurilsk. Ispezionarono l’area e scattarono delle fotografie.
Poi gli aerei iniziarono a lanciare vestiti caldi, tende e cibo per le persone che avevano acceso il fuoco per riscaldarsi – erano corse sulle colline con gli indumenti con cui stavano dormendo. Quando lo tsunami si era abbattuto sull’isola, la maggior parte di loro stava dormendo ed era in mutande.
I cadaveri dei morti rimasero a lungo abbandonati
L’evacuazione della regione delle Curili settentrionali iniziò il giorno successivo, il 6 novembre. Navi a vapore da Petropavlovsk e Vladivostok, per un totale di circa 40 imbarcazioni, iniziarono ad arrivare nel Secondo Stretto delle Curili per mettere in salvo i superstiti. L’11 novembre l’intera popolazione era stata allontanata dall’isola.
I sopravvissuti non erano riuscite a dormire serenamente nei tre giorni successivi al disastro, per il semplice fatto che un qualsiasi fruscio li portava a vivere una sensazione di angoscia e di paura. I cadaveri dei morti rimasero a lungo sballottati dalle onde più miti del mare, disseminando di morte le coste della zona.
Le conseguenze del disastro
Alcuni storici ritengono che la versione ufficiale non includa tutte le vittime dello tsunami, come il personale militare e i braccianti venuti a lavorare dalla Corea del Nord – molti documenti sono ancora etichettati come «segreti».
Dopo il passaggio dello tsunami, la polizia sovietica riferì di almeno 1.200 morti nella sola Severo-Kurilsk. Tuttavia, man mano che le conseguenze del tremendo fenomeno venivano elaborate, la cifra iniziò a subire una drammatica impennata. Ben presto si arrivò a stabilire che lo tsunami aveva ucciso almeno 4mila persone nell’intera regione delle Curili settentrionali, senza contare i braccianti coreani e i militari le cui unità erano stanziate nella zona.
Secondo le previsioni più pessimistiche, il numero di morti e dispersi nella catastrofe del 5 novembre potrebbe ammontare a 14mila persone. Molti dei superstiti presero parte alle operazioni di salvataggio. Secondo alcune fonti, ci vollero circa quattro giorni per individuare i dispersi in mare e portarli sulle navi. A quel punto anche i corpi erano stati recuperati dalla riva.
Le persone sulle colline intanto si erano organizzate, in qualche modo si erano tranquillizzate, alcune erano vestite con ciò che era stato sganciato dagli aerei, mentre altre avevano confezionato dei fagotti contenenti del cibo.
Anche gli americani offrirono il loro aiuto per portare in salvo la popolazione colpita, tuttavia la controparte sovietica respinse l’offerta. Le imbarcazioni del Fish Trust si recarono in mare aperto per cercare eventuali dispersi ancora vivi. Alcune di loro riuscirono a sopravvivere andando alla deriva sopra i tetti e le macerie degli edifici, in attesa di essere salvate.
Grazie a queste operazioni di salvataggio vennero recuperate 192 persone, che ricevettero cibo e vestiti caldi provenienti dai depositi militari. Intanto i feriti furono ospitati in un ospedale militare. Secondo una versione, l’evacuazione fu accelerata dalla chiamata di Joseph Stalin all’Obkom di Sakhalin, tuttavia non c’è mai stata nessuna conferma ufficiale riguardo questa versione.
Non c’era più nessuna città
I sopravvissuti potevano vedere le conseguenze dello tsunami dall’alto delle colline. La città di Severo-Kurilsk non esisteva più, si era trasformata in una macchia in bianco e nero. Una fabbrica di pesce, la flotta, un ospedale, una scuola… Tutto spazzato via. L’unica cosa rimasta in piedi era la centrale elettrica, che esiste tuttora.
Di Severo-Kurilsk era rimasta solo la periferia in altitudine. Nella città stessa sopravvissero solo due strutture in cemento: l’arco della porta dello stadio e il monumento all’eroe dell’Unione Sovietica, il pilota Viktor Talalikhin.
Gli edifici erano completamente distrutti, l’intera riva era disseminata di tronchi, frammenti di compensato, pezzi di siepi, cancelli e porte. Sul molo si trovavano due vecchie torri dell’artiglieria navale, erette dai giapponesi quasi alla fine della guerra russo-giapponese. Lo tsunami le aveva scaraventate a un centinaio di metri di distanza.
Quando spuntò l’alba, coloro che erano riusciti a fuggire scesero dalle montagne: uomini e donne in mutande, tremanti di freddo e di terrore. La maggior parte degli abitanti era annegata o giaceva sulla riva tra ceppi e macerie.
Al culmine del disastro, non si cercò di salvare solo le persone e gli oggetti di valore personale, ma ci fu anche il coraggio di coloro che parteciparono attivamente alla raccolta dei beni dello Stato. Tuttavia, i rapporti della polizia riferiscono anche di casi di saccheggio, ad esempio in una delle istituzioni distrutte venne scassinata la cassaforte e furono rubati 270 mila rubli.
Non erano solo i residenti comuni ad essere impegnati nei saccheggi, approfittando della catastrofe naturale, anche i militari della guarnigione, ubriachi di alcol, sparsi per la città, iniziarono ad accumulare tutto quello che riuscivano a trovare.
La popolazione locale
Quasi tutti i sopravvissuti lasciarono l’isola colpita, i civili vennero inviati a Vladivostok e Nakhodka, i militari e le loro famiglie a Korsakov, e le unità aeree e le guardie di frontiera a Petropavlovsk-Kamchatsky.
Le vittime dello tsunami ricevettero degli aiuti una tantum, prestiti agevolati per il ripristino dell’economia perduta, nonché materiali da costruzione gratuiti per il restauro delle abitazioni. Oltre al denaro, vennero distribuiti vestiti nuovi e usati. Tuttavia, secondo altre fonti, molte persone non riuscirono a ottenere un risarcimento per diverso tempo.
L’ammontare totale dei danni è stato stimato in 285 milioni di rubli, ma gli storici ritengono che si tratti di una cifra incompleta, poiché non tiene conto dei beni militari e dei costi per l’evacuazione.
La popolazione non aveva idea di come comportarsi
Nel 1952, l’URSS non disponeva di un servizio per allertare la popolazione sui possibili cataclismi. Sulla terraferma non avevano idea di cosa fosse successo a Severo-Kurilsk: i sopravvissuti scrivevano lettere e ricevevano domande in risposta – cosa fosse successo, perché fossero lì. La segretezza impedì non solo ai cittadini comuni ma anche agli scienziati di venire a conoscenza della tragedia.
Le informazioni sullo tsunami del 1952 venivano raccolte a pezzetti. Anche i giornali tacevano: l’intero Paese continuava a trascorrere una vita ordinaria. Inoltre, le autorità Sovietiche si stavano chiedendo come gli americani fossero venuti a conoscenza della tragedia, dal momento che avevano offerto il loro aiuto, da dove avessero carpito i segreti.
Ma non era questa la ragione principale di questa segretezza. Durante lo tsunami a Severo-Kurilsk e nelle aree circostanti, diverse unità militari erano state quasi completamente distrutte e le guardie di frontiera e altro personale militare era stato evacuati insieme ai civili.
È importante tenere in considerazione, che l’Estremo Oriente e le Isole Curili erano considerate dall’URSS in quegli anni come un probabile teatro di operazioni militari. Pertanto, né gli Stati Uniti, né il Giappone, così come altri paesi avrebbero dovuto sapere che l’Unione Sovietica era improvvisamente senza difesa dalla penisola della Kamchatka.
Probabilmente un ruolo non secondario nella morte di così tante persone fu giocato dal fatto che le autorità sovietiche nascosero informazioni su altri disastri nel Paese.
All’epoca, gli abitanti dell’isola non avevano idea di quali fossero le norme sul comportamento da tenere in caso di forti terremoti e possibili tsunami (se i disastri non avvengono nel Paese, perché prepararsi?). Questo ebbe un ruolo inevitabilmente fatale. Infatti, dopo il ritiro delle onde, le persone cercarono di tornare alle loro case che si ergevano – un’altra conseguenza dell’ignoranza – su terrazze basse, cioè vicino alla riva del mare e alla linea di costa.
Tuttavia, subito dopo la catastrofe del 1952, l’URSS decise di creare un servizio di allarme tsunami. Dal 1956 al 1959 furono messe in funzione più di 10 stazioni sismiche nella zona. Dal 1961, tutte le stazioni meteorologiche delle Isole Curili furono coinvolte nell’osservazione delle onde provocate dagli tsunami.
Severo-Kurilsk fu ricostruita dopo il disastro, ma la città non riuscì a riprendersi completamente. venne spostata il più lontano possibile dall’oceano, ma è finita in un luogo ancora più pericoloso: vicino al vulcano Ebeko, uno dei crateri più attivi delle Curili. Tuttavia, sembra che la gente del posto sia abituata a vivere in questo contesto.
Questo vulcano la cui attività è monitorata da un servizio speciale che, in caso di eruzione, allerta la popolazione. emette regolarmente dal 2016. Il suo record è stato registrato il 31 agosto 2018,, quando la colonna di fumo proveniente dalla nuova bocca del cratere, formatasi nel 2017, ha raggiunto un’altezza di sei chilometri.
Dopo lo tsunami del 1952, parte dell’industria della pesca scelse di non ricostruire. Nel 1961, gli insediamenti parzialmente ripristinati cominciarono a diminuire, poiché in queste acque si trovava meno pesce. La gente cominciò a partire per la terraferma.
Nel 2021, a Severo-Kurilsk vivevano 2.374 persone. Nella città c’è una piazza commemorativa, una targa con quasi altrettanti nomi – 2236. Si tratta di coloro i cui nomi sono stati identificati dopo lo tsunami.