Un gesto eroico, quello compiuto da Viktor Smagin dopo la tremenda esplosione del 26 aprile 1986: l’ingegnere fu tra i primi ad accorrere sul posto e a intervenire in prima persona per limitare i danni e tentare, per quanto fosse possibile, di porre rimedio alle conseguenze del disastro.
Una storia eroica ma allo stesso tempo molto triste che purtroppo si è conclusa nel più drammatico dei modi. Viktor Smagin, l’ingegnere russo che fu tra i primi ad intervenire nella centrale di Chernobyl dopo il disastro nucleare, si è tolto la vita. Aveva da poco scoperto di avere un altro tumore, il quarto.
Il 26 aprile del 1986 Viktor Smagin sarebbe dovuto entrare in servizio alle 8.00 del mattino, ma fu risvegliato dalla terribile esplosione del reattore numero quattro. Quelle immagini che l’ingegnere vide dal 14esimo piano del suo appartamento lo spinsero a precipitarsi alla centrale di Chernobyl per provare a dare il proprio contributo.
É stata una data che ha segnato per sempre la città di Chernobyl, l’ex Unione Sovietica, l’Europa e il resto del mondo. Alle prime ore della notte, intorno all’1:30, il reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl esplose, causando un rilascio incalcolabile di scorie e gas radioattivi.
Alla base dell’incidente, che è classificato come quello più grave nella storia dell’energia nucleare, nel corso degli anni e dei processi, si è scoperto che ci fu un grave errore durante un test di sicurezza nell’impianto. Inizialmente non si comprese appieno la gravità della situazione e vennero inviate diverse squadre di soccorso per spegnere le fiamme dell’incendio.
Tra i primi ad arrivare sul posto ci fu proprio l’ingegnere Viktor Smagin, che insieme alla sua squadra si occupò di spegnere l’incendio, ma anche di liberare il tetto della centrale delle macerie di grafite da cui era stato invaso e che dovevano inevitabilmente essere bonificate.
Quella decisione comportò delle gravi ripercussioni sulla sua salute, dato che per quasi 40 anni Smagin ha dovuto affrontare numerose diagnosi di tumore.
La popolazione di Pripyat fu evacuata il giorno successivo, ma il personale non poteva lasciare la città, dato che c’era ancora del lavoro da fare nella centrale. “Quasi nessuno si è arreso, anche se è stato spaventoso“, ricorda l’ingegnere. “Su 5mila solo sei o sette persone fuggirono, e questo nonostante che tutti fossero professionisti e sapessero perfettamente cosa fossero le radiazioni“. Tanti di quei liquidatori sono morti per compiere il proprio dovere. Smagin ha ricevuto un’onorificenza per il suo prezioso contributo, ma la sua esistenza, così come quella delle altre persone sopravvissute, non è stata più la stessa.

Il gesto estremo di Viktor Smagin
Quelle ore trascorse esposto alle radiazioni, con protezioni pressoché inesistenti, gli provocarono negli anni a venire gravissimi problemi di salute. Il suo organismo venne completamente devastato, così come la funzionalità del midollo osseo, i livelli di globuli bianchi, rossi e delle piastrine.
Smagin ha raccolto le sue memorie per raccontare quei tragici momenti che hanno cambiato per sempre la vita sua e quella degli altri “liquidatori” che da quel giorno si prodigarono per dare il proprio contributo dopo la catastrofe.
“Dentro gli edifici la gente combatteva il fuoco. Non c’era panico, ognuno stava semplicemente facendo il proprio lavoro“, scriveva l’ingegnere. “Il personale ha spento l’incendio e ha drenato l’olio in contenitori sotterranei; gli elettricisti hanno scaricato l’idrogeno. Molti di coloro che hanno salvato la stazione hanno ricevuto dosi letali di radiazioni e poi sono morti in ospedale“.
Negli anni della sua vita, ha dovuto affrontare emorragie, interventi chirurgici e tumori. Recentemente ha scoperto di averne un altro, il quarto. La notizia della diagnosi, insieme ai problemi di salute sempre più importanti, lo hanno portato ad arrendersi.
Le conseguenze a lungo termine includono malattie, mutazioni genetiche e un aumento dei casi di cancro. Decenni dopo l’incidente, anche le zone circostanti sono ancora gravemente contaminate, dimostrando la persistenza degli effetti delle radiazioni nucleari.
All’età di 75 anni, dopo una vita dolorosa dovuta al suo atto eroico ancora oggi riconosciutogli dal mondo, Viktor Smagin si è tolto la vita, gettandosi dal 14esimo piano del palazzo di Mosca in cui viveva. Prima di farlo, ha deciso di spiegare i suoi motivi in una straziante lettera lasciata ai posteri. Ecco alcune sue parole:
Oggi è stato trovato un nuovo tumore, quindi adesso sono almeno quattro. Impossibile curarli e io non ho abbastanza forza per farlo. Perdonatemi se vi lascio. Grazie per questi anni che abbiamo vissuto insieme: sono stati anni felici. Mi dispiace.