Voci riguardanti il massiccio coinvolgimento di molti gerarchi nazisti in pratiche occulte si sono rincorse per decenni, prima e dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, appuntandosi in particolare sul secondo uomo più potente del Terzo Reich, l’SS-Reichsführer Heinrich Himmler.
C’è un luogo in particolare, che può essere associato alla figura di questo basso e miope impiegato bavarese, così ossessionato dalla cultura misterica da ritenersi, secondo alcuni, la reincarnazione di Enrico di Svevia e così ferocemente convinto della necessità di sterminare le «razze inferiori» da venir definito dagli alleati il «ragioniere della morte».
In realtà, Himmler, dopo la Prima Guerra Mondiale, lavorava come contabile in una fabbrica di fertilizzanti e non era affatto un ragioniere, ma un laureato in agraria, questo luogo è uno strano castello del XVII secolo situato presso Büren, in Nord Reno-Westfalia, che, nei sogni del Reichsführer avrebbe dovuto diventare il centro del mondo: Wewelsburg.
Perché Himmler volle legare indissolubilmente il proprio nome a questo luogo, facendone il cuore della mistica delle sue SS?
Alcuni hanno ritenuto che la ragione fosse il suo riconoscimento della zona del castello come incrocio e snodo fondamentale di linee energetiche sotterranee (che aveva imparato a conoscere durante le sue frequentazioni giovanili della Società Thule), altri che la Torre Nord del castello fosse un potente ricettacolo di energie magiche, indispensabili ai bizzarri rituali dei culti misterici nazisti.
Molto probabilmente la realtà è molto più prosaica, anche se non meno «particolare». La Westfalia era uno dei cuori storici della Germania, la terra di «Hermann e Widukind» come Himmler stesso affermò, e di conseguenza, si prestava perfettamente al posizionamento del centro della rete delle SS.
Il Reichsführer, aveva già preso in considerazione altri due castelli nella regione, prima di imbattersi il 3 novembre 1933, durante un tour propagandistico, in Wewelsburg ed «innamorarsene» seduta stante: nell’agosto 1934. Una volta consolidato il potere nazista nel Reich, il Comando Centrale delle SS affittò per 100 anni l’edificio dal Distretto di Büren per la somma nominale di un Reichsmark all’anno.
Indubbiamente, Wewelsburg aveva molti elementi che potevano «risuonare» nell’animo di Himmler. Era stato costruito originariamente tra il 1603 e il 1609, in stile «Weser-Renaissance», come residenza secondaria del Principe-Vescovo di Paderborn, sul luogo di un precedente maniero sassone, a sua volta edificato sopra un terreno di sepoltura dell’età della pietra (periodo neanderthaliano) e su un villaggio dell’età del bronzo.
Durante il XVII secolo, il castello aveva avuto un ruolo chiave nella caccia alle streghe che aveva insanguinato i territori cattolici: centinaia di «streghe» locali erano state imprigionate, torturate e condannate a morte nelle sue segrete.
Anche la zona circostante era ricca di significati storici: nei pressi del maniero si estendeva la Foresta di Teutoburgo, il luogo mitico in cui si riteneva che le tribù germaniche avessero sconfitto le legioni romane di Varo, definendo il confine imperituro tra Germania e Impero e, a poche miglia di distanza, sorgeva Externsteine, la formazione rocciosa utilizzata come luogo di culto pre-cristiano fin dal neolitico (la Ahnenerbe tenterà a lungo, attraverso scavi, per lo più infruttuosi, di provare che tale luogo fosse il centro di una avanzata cultura germanica perduta).
Insomma, storia e mito avvolgevano il castello e ciò non poteva che colpire lo spirito di Himmler, pieno di fantasie «romantico-misteriche» in netto contrasto con la sua immagine pubblica di freddo burocrate, che gli aveva fatto rapidamente scalare la gerarchia dell’NSDAP.
L’imprinting di questa specie di «doppia personalità» risulta piuttosto evidente nella fisionomia che egli volle imprimere, una volta diventato SS-Reichsführer (20 gennaio 1929), alle Schutzstaffel. Nate come squadre speciali di protezione per i leader del partito, Himmler pianificò di trasformarle in una sorta di «ordine cavalleresco», una élite razziale che doveva emulare le gesta dell’antica casta guerriera ariana, così come dei Cavalieri Teutonici medievali e dei Templari.
Così, sotto Himmler, vennero stabilite nuove durissime regole di reclutamento, secondo le quali solo chi potesse dimostrare una purezza razziale risalente almeno al 1800 (per gli ufficiali al 1750) per sé stesso e per ogni membro della propria famiglia poteva essere ammesso all’ingresso nell’«élite guerriera del Reich».
In tempo di pace le SS dovevano fungere da corpo di sicurezza interna, responsabile dell’esecuzione dei piani del Führer per la «nuova Germania», e da linea avanzata della purificazione della razza, mentre in guerra dovevano agire con fanatica ferocia (la cosiddetta «obbedienza cadaverica») per difendere i confini del Reich.
Inoltre, le SS era anche il mezzo scelto da Himmler per portare a termine un progetto persino più ambizioso: come Hitler e il partito nazista dovevano rimpiazzare la Chiesa nel culto dei tedeschi, così Himmler sognava di soppiantare il cristianesimo con una nuova religione di stato pseudo-pagana, basata su una visione idealizzata della cultura preistorica germanica e sull’enfasi sulla purezza razziale e la innata superiorità del popolo tedesco.
Himmler, vedeva nelle SS una sorta di avanguardia ideologica di questa nuova religione e uno strumento con cui indottrinare il popolo tedesco nel nuovo credo. In questa stessa ottica, in aggiunta alle «feste del partito» (l’anniversario del Putsch di Monaco e il compleanno del Führer), Himmler stabilì festività legate ai solstizi d’estate e d’inverno, in cui elementi rituali pagani relativi al culto del sole e della natura giocavano un ruolo fondamentale, così come fondamentale era la massiccia presenza di SS in qualità di celebranti e accoliti.
Gli ufficiali delle SS dovevano addirittura sposarsi e far battezzare i loro figli in cerimonie di carattere chiaramente pagano, molte delle quali celebrate a Wewelsburg sotto la direzione di Himmler stesso o del suo «mago personale» Karl Maria Wiligut. Già da questi elementi è possibile comprendere quanto centrale fosse, nei piani politici (a tratti piuttosto deliranti) del Reichsführer, il ruolo del maniero renano.
Quando, nel 1934, le SS ne presero possesso, il castello era stato lasciato in stato di semi-rovina per parecchi anni e Himmler commissionò un enorme programma di ricostruzione e ristrutturazione. Sembra che inizialmente egli fosse intenzionato a rendere Wewelsburg una «Scuola di Stato per i Leader delle SS», praticamente un collegio per l’«educazione ideologica» degli ufficiali, sotto la supervisione dell’Ufficio per la Razza.
A Norimberga, al termine della guerra, l’SS-Brigadeführer Walter Schellenberg testimoniò di un impressionante curriculum di studi per i «cadetti», che includeva allenamento spirituale, esercizi di meditazione e, soprattutto, martellante inculcamento di una «corretta ideologia».
Ben presto, però, questo progetto, in fondo piuttosto modesto, lasciò il posto ad una visione molto più grande: nel febbraio 1935 il «progetto Wewelsburg» fu preso in mano direttamente dallo staff di Himmler, che aveva cominciato a vedere il castello come sede di un Alto Ordine Cavalleresco, a metà strada tra Camelot e Marienburg, capace di custodire questo luogo come sacro centro spirituale del mondo ariano.
Ma il centro della «nuova civiltà» doveva essere all’altezza del suo compito e per questo Himmler stanziò per il suo grandioso piano la incredibile cifra di 250 milioni di Reichsmark: la ristrutturazione del castello era solo l’inizio, dal momento che il progetto definitivo includeva l’inglobamento del vicino villaggio di Wewelsburg (i cui abitanti dovevano essere spostati in un nuovo «villaggio modello» poco lontano) e lo sviluppo di una vera e propria «città delle SS» con la mura a forma di punta di freccia del castello circondate da ostelli, uffici e strutture ricreative e commerciali che avrebbero occupato l’intera vallata.
Naturalmente, un piano così ambizioso necessitava di un enorme numero di lavoratori. Per questo, nel 1939, nella vicina foresta di Niederhagen, venne creato un nuovo campo di lavoro, in cui vennero trasferiti prigionieri provenienti, per lo più, dal campo di Sachsenhausen.
Due anni dopo il nuovo campo ottenne una amministrazione indipendente e la qualifica di KZ (Konzentrationlager). Sebbene il KZ Niederhagen fosse il più piccolo campo di concentramento del Reich, il suo regime non fu meno brutale di quello di tutti gli altri campi consimili: su 3.900 deportati, ben 1.285 morirono di stenti, di eccessivo carico di lavoro o per la brutalità delle SS. La riuscita dell’opera fu, comunque, considerevolmente inferiore rispetto al previsto.
Il nucleo centrale del complesso doveva essere la Obergruppenführersaal, un salone rivestito di pietra nella Torre Nord, dove in precedenza era posta la cappella privata del Principe-Vescovo, al cui centro Himmler aveva fatto installare una tavola rotonda in stile arturiano con 12 posti a sedere che dovevano accogliere i 12 ufficiali maggiori delle SS: in realtà, la sala fu utilizzata una sola volta, nel marzo 1941, per illustrare ai Gruppenführer il ruolo delle SS nell’Operazione Barbarossa (l’invasione della Russia).
Una grande svastica stilizzata, che incorporava una ruota solare e le «rune della vittoria» delle SS dominava il pavimento, mentre le pareti erano adornate con gli stemmi araldici dei più importanti Gruppenführer (in effetti, la maggior parte dell’élite delle SS, Himmler incluso, veniva dalla borghesia e fu compito degli esperti della Ahnenerbe creare nuovi stemmi per loro).
Proprio sotto la Obergruppenführersaal vi era la «cripta» o «terra dei morti», una grande sala circolare con dodici colonne di granito e un soffitto adornato da un’altra grande svastica. Qui, in una struttura a forma di pozzo di pietra, dovevano essere sepolte le ceneri degli ufficiali morti, così da assicurare loro di rimanere nell’ordine in eterno.
Una fiamma perenne doveva essere posta al centro della sala, ma il progetto non venne mai portato a compimento. Sebbene vi siano state numerose voci di rituali segreti tenuti in questa sala, in effetti, essa non fu mai terminata: all’arrivo degli Alleati risultava ancora in costruzione.
Wewelsburg era anche il deposito degli «anelli a testa di morto» (Totenkopfring) dati agli ufficiali dopo tre anni di servizio: formati da una corona di foglie di quercia incisa con la testa di morto e alcune rune, tali anelli sono oggi una ulteriore testimonianza della ossessione di Himmler per la mitologia germanica, dovendo ricordare l’anello d’argento con foglie di quercia posseduto dal dio Thor. Alla morte di ogni ufficiale, il suo anello doveva tornare a Wewelsburg, dove doveva essere conservato come in un sacrario.
Ciascuna delle stanze dei Gruppenführer commemorava un diverso eroe della storia e mitologia tedesca, da Widukind a Enrico il Leone e persino Re Artù, con mobili in stile e libri e documenti relativi al soggetto della stanza. La camera di Himmler era dedicata a Enrico I di Sassonia, detto l’Uccellatore, che aveva guidato la difesa tedesca contro l’invasione magiara nel X secolo e aveva posto le fondamenta di quello che sarebbe poi stato il Sacro Romano Impero.
Anche se sono probabilmente esagerate le voci, vogliono che Himmler ritenesse di essere la reincarnazione di Enrico, è comunque piuttosto evidente che egli si volesse proporre come erede spirituale del re suo omonimo, a cui si sentiva accomunato nella difesa della Germania dalle orde orientali, tanto che, nel millesimo anniversario della morte di Enrico (luglio 1936), egli inaugurò un «festival della memoria» in suo onore a Quedlingburg.
I piani di Himmler per Wewelsburg erano in continua evoluzione, legati ad una dimensione impulsiva e quasi misticheggiante del suo pensiero: durante una ispezione al castello, nel 1938, egli chiese casualmente all’SS Gruppenführer Taubert, l’ufficiale incaricato di sopraintendere ai lavori al castello, di esplorare la possibilità di aggiungervi un planetario, facendo ulteriormente lievitare i già esorbitanti costi di ristrutturazione e di aggiungere una camera di sicurezza, che fosse l’equivalente di una camera del tesoro medievale (e ciò sempre in linea con la concezione di Wewelsburg come sede di un ordine cavalleresco).
Nessuno dei due progetti venne portato a termine: i lavori a Wewelsburg si interruppero bruscamente nel 1943, quando le sorti della guerra dell’Asse portarono alla necessità di convogliare i fondi verso questioni più pratiche e urgenti. Sembra che Himmler, comunque, sperasse di poter riprendere in mano il suo progetto, tanto che nel 1944 scrisse a Taubert affermando di avere sempre Wewelsburg nei suoi pensieri e di voler continuare i lavori al termine della guerra. Ovviamente, ciò non accadde: nel marzo 1944 gli Alleati raggiunsero il maniero, che si arrese agli Americani.
Himmler, a questo punto, inviò addirittura un commando scelto di SS per impedire che il suo «sogno» finisse nelle mani dei nemici. Con l’aiuto di una SS locale, il gruppo riuscì a sorpassare il cordone alleato e a penetrare nel castello, distruggendone buona parte con esplosivi (31 marzo 1945). Solo la Torre Nord rimase relativamente intatta (facendo fiorire ulteriori elucubrazioni sulle sue qualità «magiche». Il 2 aprile le truppe statunitensi liberarono anche gli ultimi 42 prigionieri del KZ Niederhagen e due mesi dopo Himmler si suicidò con una capsula di cianuro dopo essersi consegnato agli Alleati.
Inizialmente Wewelsburg fu un vero enigma per le forze alleate, che, prima della resa, a malapena conoscevano la sua esistenza. Solo le testimonianze di alcuni gerarchi a Norimberga, in particolare di Walter Schellenberg, resero evidente la verità: Wewelsburg era solo il prodotto, pagato a caro prezzo con le vite degli internati di Niederhagen, di una mente profondamente disturbata, all’interno della grande follia mistico-mitologica che supportava l’ideologia del III Reich.