Di Evelyn Francis McHale (1923-1947) non si sa molto: la sua era una vita come tante, divisa tra il lavoro da impiegata e le uscite con il fidanzato, i giochi con il nipotino e i preparativi per il suo matrimonio.
Ma anche Evelyn, come tutti, aveva il suo lato oscuro, che prese il sopravvento su di lei in una nuvolosa mattina di maggio del 1947.
La Storia di Evelyn McHale
Evelyn McHale nacque nel 1923 in California, sesta di sette figli. Vincent, suo padre, lavorava in banca e si trasferì con tutta la famiglia diverse volte, destabilizzando l’equilibrio familiare. Giunsero a Washington e poco dopo Helen, la madre, in preda ad una profonda depressione, chiese il divorzio e lasciò il padre con sette bambini da accudire.

L’uomo reagì nell’unico modo che conosceva, con l’ennesimo trasferimento: tutti a Tuckahoe, New York, dove Evelyn riuscì a finire la high school. In seguito entrò nei Women’s Army Corps che la portarono a nuovi vagabondaggi, questa volta in solitaria. L’esperienza non doveva essere stata delle più fortunate, dato che al termine del servizio Evelyn bruciò la divisa.
Tornata a New York nel 1944, la ragazza andò a vivere con uno dei fratelli e la cognata; iniziò a lavorare come impiegata e conobbe il suo fidanzato, Barry Rhodes, con il quale aveva deciso di sposarsi nel giugno del 1947. Tutto sembrava scorrere tranquillo nella vita di Evelyn, ma lei non si sentiva a posto.
Il 30 aprile Evelyn andò a trovare Barry, a Easton (Pennsylvania). Avevano trascorso la serata insieme, probabilmente per festeggiare il compleanno di lui. La mattina successiva, intorno alle 7, Evelyn prese il treno per New York, lasciando portare via dal vento le sue ultime parole per il fidanzato, che non riuscì a comprendere, perché lei stava correndo per salire sul treno.
Il tragico ma placido suicidio
Arrivò a New York verso le nove del mattino, e poi si diresse all’Empire State Building, facendo solo una sosta per scrivere poche righe su un pezzo di carta. Qualche minuto prima delle 10:30, Evelyn comprò il biglietto per salire sulla terrazza panoramica del grattacielo, all’86° piano. Intanto la vita della grande mela nella 34° Strada scorreva nel traffico e con il via vai della gente in una giornata qualsiasi.
John Morissey, un agente che dirigeva il traffico, vide una sciarpa bianca che lentamente veniva giù, lasciata andare da qualcuno dei piani alti dell’edificio. Non ebbe il tempo di pensare nulla, perché un attimo dopo sentì uno schianto, quello del corpo di Evelyn, caduto sul tetto di una limousine parcheggiata nella strada.

Robert Wiles, uno studente di fotografia, in quel momento era vicinissimo al luogo della disgrazia: attraversò la strada per vedere cosa fosse successo e si trovò di fronte alla scena di un suicidio. Quattro minuti dopo lo schianto, Wiles fotografò la povera ragazza, realizzando un’immagine che è divenuta un’icona.
Un solo scatto che non fissò per sempre l’orrore di una morte violenta, ma la grazia e la bellezza di una giovane donna che stava cercando la pace. Evelyn, sembra addormentata e con naturalezza stringe con la mano la collana di perle, mentre giace placidamente con le caviglie incrociate, sul tetto di una limousine accartocciata e con i vetri rotti che ormai ha preso la forma del suo corpo.

La fotografia di Wiles successivamente fu pubblicata sulla rivista Life il 12 maggio 1947, ed è conosciuta come «Il più bel suicidio», talmente significativa da ispirare Andy Wharol per la sua opera «Suicide: Fallen Body».

Evelyn ottenne, con il suo gesto disperato, esattamente il contrario di ciò che avrebbe voluto: nel biglietto d’addio che lasciò scritto, chiedeva che il suo corpo non fosse mostrato alla famiglia, ma subito cremato, senza nessuna cerimonia funebre e nessuna lapide come ricordo.
Evelyn fu effettivamente cremata, e non esiste una lapide per ricordarla o portarle un fiore, tuttavia, dopo decenni dal tragico evento, la sua immagine ancora commuove e suscita interrogativi ai quali non è facile trovare una risposta. Le poche righe d’addio non hanno fornito molte indicazioni:
«Non voglio che qualcuno della mia famiglia o estraneo veda alcuna parte di me. Potresti distruggere il mio corpo con la cremazione? Prego te e la mia famiglia: non fate per me alcun servizio (funebre), o una cerimonia di ricordo. Il mio fidanzato mi ha chiesto di sposarlo a giugno. Non penso che sarei una buona moglie per nessuno. Sta molto meglio senza di me. Dillo a mio padre, ho troppe tendenze di mia madre».
Evelyn, una ragazza di appena 23 anni, evidentemente non era riuscita a superare i momenti dolorosi del passato. Probabilmente non furono i tanti trasferimenti a incidere sul carattere di Evelyn, quanto la situazione familiare.
Nessuno può sapere quanta sofferenza e quanto dolore sia passato sulle giovani spalle di Evelyn, ma certamente, lei che voleva essere cancellata dalla memoria di tutti, lasciò il segno nella vita di almeno due persone: Barry, morto a 86 anni celibe e Robert Wiles, che non ha mai più pubblicato una fotografia.