Nulla faceva presagire che l’Ivan Vassili sarebbe diventata la più celebre tra tutte le navi maledette nella storia della navigazione.
La nave russa Ivan Vassili ebbe origine a San Pietroburgo nel 1897, progettata e costruita per rispondere alla necessità di trasportare merci attraverso il Mar Baltico fino al Golfo di Finlandia. La struttura del vascello era costituita da solide lastre di ferro rivettate, mentre il ponte e la sovrastruttura erano realizzati interamente in legno, conferendo un interessante equilibrio tra robustezza e praticità. Equipaggiata con un motore a vapore, la Ivan Vassili vantava un’autonomia di ben 2500 miglia nautiche e una velocità operativa di 8 nodi. Queste caratteristiche la rendevano una nave particolarmente affidabile e performante per l‘epoca, capace di affrontare le sfide del mare con determinazione e sicurezza.
Per diversi anni, precisamente fino al 1903, la nave svolse impeccabilmente il ruolo per cui era stata concepita, costruendo un solido curricolo operativo senza incidenti. Tuttavia, tutto cambiò con l’approssimarsi delle tensioni politiche e militari tra l’Impero russo e il Giappone, destabilizzando quell’apparente normalità che aveva accompagnato il vascello. In quel frangente storico, quando la possibilità di una guerra tra le due potenze divenne sempre più concreta, la Ivan Vassili passò da essere un affidabile strumento di trasporto a diventare uno scenario di angoscia e terrore per ogni singolo marinaio che ebbe la sventura di prestare servizio a bordo. Questi eventi segnarono l’inizio di un periodo oscuro nella storia della nave, trasformandola da simbolo di efficienza in un vero e proprio incubo marittimo.

Con l’intensificarsi del conflitto e l’ombra della guerra che avanzava minacciosa, la nave fu trasformata per servire un nuovo scopo: da semplice imbarcazione civile divenne una nave da rifornimento militare al servizio della marina russa stanziata nell’Estremo Oriente. La missione assegnata all’equipaggio era straordinaria e pericolosa, implicando una traversata dal porto di Kronstadt, situato in Finlandia, fino alla remota città di Vladivostok, affacciata sul Mar del Giappone. Questo viaggio monumentale si estendeva su una distanza di ventimila miglia nautiche, snodandosi attraverso tre oceani — un’impresa che richiedeva non solo la massima efficienza delle macchine ma anche una resistenza fisica e mentale eccezionale da parte degli uomini coinvolti.
Il comando della nave era nelle mani di Sven Andrist, un scandinavo la cui reputazione e doti di comando parevano particolarmente adatte a gestire le difficoltà di un simile incarico. Ad affiancarlo nella conduzione dell‘operazione vi era il fidato comandante in seconda, Christ Hanson, anch’egli originario della Svezia. L’equipaggio rifletteva un interessante mix culturale: si componeva infatti da una parte di marinai scandinavi e dall’altra di membri della marina russa.
Le prime settimane di navigazione furono relativamente tranquille. Salpando dal Mare del Nord, la nave Ivan Vassili attraversò il vasto Atlantico senza alcun evento di rilievo. Tuttavia, fu soltanto dopo il passaggio al Capo di Buona Speranza e l’ingresso nell’Oceano Indiano che iniziarono a manifestarsi fenomeni inquietanti e del tutto sconcertanti. A bordo qualcosa sembrava mutare impercettibilmente, l’atmosfera si caricava di tensione, quasi fosse presente una forza misteriosa e inesplicabile.
Quella sensazione opprimente e indefinita cominciò a insinuarsi tra gli uomini dell’equipaggio, diffondendosi come un’ombra che non si poteva ignorare. Le stive della nave sembravano custodire più che semplici materiali destinati a Port Arthur, l’avamposto strategico russo situato sulla penisola di Liao Tung, nel Mar Giallo. Qualcosa di estraneo e sconosciuto sembrava aver preso posto a bordo insieme alle casse di rifornimenti. La presenza inquietante appariva sempre più tangibile, come se ci fosse qualcun altro o forse qualcos’altro che aleggiava tra i corridoi oscuri e silenziosi della nave, minando il fragile equilibrio psicologico dei marinai.
All’inizio, gli eventi che si verificarono sembravano piuttosto innocui, manifestandosi attraverso piccole ma inquietanti percezioni che colpirono gli uomini a bordo. Questi riferivano frequentemente una sensazione costante di essere osservati, come se occhi invisibili li scrutassero incessantemente. Inoltre, si udivano il rumore di passi nel silenzio, anche in momenti in cui nessuno era presente, e si percepiva un freddo intenso che sembrava penetrare sotto la pelle, accompagnato da un senso di paura profonda, angoscia e una tensione che, col tempo, divenne insostenibile.
A tutto ciò si aggiunse un‘atmosfera pesante e opprimente che parve insinuarsi in ogni angolo della nave. A quanto pare, un senso di negatività acuta cominciò a permeare l’aria, una presenza quasi tangibile che influiva sull‘umore e sulla stabilità mentale dell‘equipaggio. Non passò molto tempo prima che i membri iniziassero a coinvolgersi in accesi litigi e dispute prive di motivazioni plausibili, con un’escalation tale da compromettere il clima di collaborazione a bordo.
Inizialmente, molti ipotizzarono che questa situazione fosse una conseguenza del deterioramento psicologico causato dal lungo periodo trascorso in mare. L’isolamento estenuante e il nervosismo accumulato sembravano spiegazioni razionali. Tuttavia, il corso degli eventi prese una piega ancora più strana e inquietante, dimostrando che quanto stava accadendo andava ben oltre la semplice fatica fisica o mentale.
Una notte, mentre l’oscurità avvolgeva il mare e la nave ondeggiava placidamente sulle onde, un membro dell‘equipaggio irruppe dal capitano visibilmente sconvolto e a corto di fiato. Il marinaio, turbato al punto che la sua voce tremava per la paura, narrò un episodio totalmente fuori dal comune. Durante il cambio turno con il suo collega, aveva visto una figura spettrale che sembrava svanire all’interno di una foschia fluorescente appena percettibile. L’apparizione era caratterizzata da lineamenti deformati, quasi irriconoscibili, che rendevano la creatura ancora più inquietante. Questa entità avanzò silenziosamente sul ponte prima di sparire dietro una delle scialuppe di salvataggio. L’uomo confessò che solo osservarla bastava a provocare uno strano senso di angoscia sovrastante, una sensazione tanto potente da farlo rabbrividire persino al ricordo.
Tra le singolari vicende che stavano tormentando gli uomini e lasciandoli in costante tensione, si verificò un episodio tragico che accentuò ulteriormente l’atmosfera di inquietudine a bordo. Una sera, senza alcuna apparente ragione, scoppiò improvvisamente una violenta rissa fra i membri dell’equipaggio, culminata in un gesto estremo: uno di loro si gettò in mare, trovando la morte. Nessuno riuscì a spiegarsi il motivo dello scontro o del gesto disperato, ma tutti dichiararono di aver percepito il sopraggiungere di una forza oscura e maligna che li aveva sopraffatti.
Eppure, il peggio era ancora da venire. Solo poche notti più tardi, lo stesso scenario si ripeté. Gli uomini, ancora una volta, furono colti da un’irrefrenabile frenesia che li spinse a combattere tra loro in maniera brutale. Anche in questa occasione, uno dei marinai si arrampicò sulla fiancata e si gettò in acqua, incontrando lo stesso tragico destino. Con una rapidità inspiegabile, gli animi si calmarono subito dopo questi atti drammatici, eppure nessuno fu in grado di comprendere cosa avesse spinto il gruppo a comportarsi in modo tanto feroce e irrazionale.
Le voci cominciarono a diffondersi con rapidità: si diceva che una forza malvagia avesse preso possesso della nave, determinata a seminare il terrore o persino a uccidere. Il clima di paura divenne tale che, al momento di raggiungere Vladivostok, la situazione degenerò definitivamente. Più di una dozzina di uomini abbandonarono il vascello ancor prima che fosse completamente ormeggiato, alcuni così gravemente scossi e terrorizzati da preferire tuffarsi direttamente in mare per raggiungere la riva a nuoto.
I disertori, catturati e messi sotto sorveglianza armata, furono costretti a proseguire il loro viaggio su quella che ormai era considerata la maledetta Ivan Vassili. Dopo la partenza dal porto con destinazione Hong Kong, lungo il percorso si verificò un altro episodio inspiegabile: una nuova rissa scoppiò senza apparente ragione, un altro uomo si trovò a cadere nel vuoto dal ponte, trovando una morte tragica, e un altro membro dell’equipaggio, sopraffatto dal terrore, perse la vita. Come se ciò non bastasse, una nuova tragedia colpì l’equipaggio nei pressi delle acque di Hong Kong, quando il capitano Sven Andrist, senza pronunciare una sola parola di spiegazione, salì sul margine del ponte e si gettò in mare in quello che appariva come un gesto deliberato di suicidio.
A quel punto nulla sembrava sufficiente per trattenere i membri dell’equipaggio, ormai certi che l’Ivan Vassili fosse davvero una nave dannata. Quando il cargo approdò al porto di Hong Kong, la maggior parte del personale abbandonò ogni pretesa di professionalità e fuggì, terrorizzata dall’idea di continuare quella missione. Solamente il secondo ufficiale, Christ Hansen, e cinque dei marinai, tutti scandinavi, rimasero fedeli alla nave e al loro senso del dovere. Nel frattempo, l’amara convinzione che forze oscure stessero infestando la nave serpeggiava tra i superstiti; per il governo russo, però, l’Ivan Vassili continuava a rimanere nient’altro che un eccellente esempio di nave mercantile, immune da superstizioni o congetture irrazionali.
Indifferente alle tragedie che avevano decimato l’equipaggio o forse animato da una stoica dedizione al servizio, Christ Hansen assunse il ruolo di capitano e radunò un gruppo completamente nuovo di uomini pronti (almeno apparentemente) ad affrontare il mare. Così equipaggiata, la Ivan Vassili prese nuovamente il largo con destinazione Sydney, Australia, dove sarebbe stato caricato un prezioso carico di lana. Durante la traversata verso sud tutto sembrò procedere senza intoppi: il mare si mantenne calmo e la tensione generale cominciava finalmente a dissiparsi tra gli uomini. Tuttavia, questo fragile equilibrio fu infranto quando la Ivan Vassili si avvicinò al porto di Sydney. Senza alcun preavviso o apparente ragione logica, il capitano Hansen estrasse una pistola e, davanti ai suoi uomini increduli, si sparò alla testa. Fu un gesto tanto drammatico quanto incomprensibile.
L’equipaggio appena assunto non aveva fatto in tempo ad adattarsi al lavoro che già si ritrovava immerso negli orrori della fama sinistra che aleggiava sulla nave; i racconti del passato e le precedenti tragedie avevano già seminato paura nei loro cuori. Il suicidio del comandante non fece altro che cementare il terrore nei loro animi. Presi dal panico e dalla convinzione che la maledizione fosse reale, decisero unanimemente di abbandonare immediatamente il cargo e rifiutarono di continuare il viaggio. Tra di essi solo Harry Nelson, il nostromo della nave, scelse di rimanere fermo nel suo proposito e rimase fedele alla Ivan Vassili, nonostante tutto quanto era accaduto e le storie sempre più inquietanti che circolavano sull’oscura reputazione della nave flagellata dalla tragedia.
Il proprietario della maledetta Ivan Vassili decise di cercare un nuovo capitano, uno che non fosse influenzato da credenze sui fantasmi o su superstizioni. Tuttavia, la ricerca si rivelò tutt’altro che semplice: la sinistra fama della nave si era ormai diffusa, rendendo difficile trovare uomini disposti ad arruolarsi. Dopo ben quattro mesi di tentativi, fu possibile formare un nuovo equipaggio e assegnare alla nave un comandante.
L’Ivan Vassili ripartì per un nuovo viaggio, stavolta in direzione della California, con il porto di San Francisco come destinazione finale. Purtroppo, qualsiasi forza maligna avesse tormentato i precedenti equipaggi non tardò a colpire anche questo. Già dopo una settimana in mare, ancora lontani dalla metà del tragitto, la tragedia iniziò: due marinai persero la vita, mentre altri due impazzirono. Furono rinchiusi sottocoperta, ma al mattino seguente vennero trovati morti. La situazione degenerò ulteriormente quando lo stesso capitano si tolse la vita, sparandosi.
Dopo questa nuova serie di disastri, il clima di panico si diffuse tra l’equipaggio, tanto che gli uomini — compreso Nelson, probabilmente una figura chiave — rifiutarono categoricamente di proseguire la traversata. Decisero di invertire la rotta e tornare a Vladivostok. Nonostante fossero offerti premi, incentivi e ricompense per incoraggiarli a ritornare sulla nave, nessuno accettò. Nessun marinaio, infatti, voleva più legarsi a quella imbarcazione maledetta.
La sinistra Ivan Vassili venne così abbandonata nel porto per molti anni. Nessuno osava avvicinarsi né tantomeno trascorrere una notte a bordo di quella nave malfamata. Alla fine si decise che l‘unico modo per liberarsi della sua influenza nefasta fosse distruggerla definitivamente. Nell’inverno del 1907, sotto un cielo limpido e stellato, la nave venne incendiata.
Numerose piccole imbarcazioni si radunarono per osservare lo spettacolo. Mentre le fiamme consumavano l‘Ivan Vassili e il metallo si contorceva sotto il calore intenso, gli spettatori cantarono con gioia e celebrarono il momento con brindisi a base di vodka. La nave, liberata dagli ormeggi, venne trascinata verso il largo da un rimorchiatore.
Il giorno seguente, le fiamme continuarono a divorarla fino a quando l‘imbarcazione non si inclinò su un fianco per poi affondare lentamente nelle acque profonde. Con essa scomparvero anche i misteri che aveva portato con sé. Chi assistette alla scena giurò di aver sentito un ultimo urlo inquietante provenire dal suo scafo poco prima della definitiva immersione.
La storia dell’Ivan Vassili è senza dubbio impressionante e terrificante, sebbene le prove concrete che confermino l’accaduto siano quasi inesistenti. La documentazione sulla nave e sui suoi equipaggi è infatti estremamente carente o del tutto assente. Le informazioni su questa vicenda provengono principalmente dal libro pubblicato nel 1965 intitolato “Landmark Invisible Horizons“ di Vincent Gaddis, un‘opera ormai fuori stampa.
Ciò suggerisce che buona parte della storia potrebbe essere frutto dell’immaginazione, un racconto elaborato e presentato come reale, pratica non insolita nel mondo dell’occulto e dei misteri. Qualunque sia la verità dietro la vita e le disavventure dell’Ivan Vassili, resta comunque un racconto affascinante e inquietante capace di catturare l’immaginazione di chi lo ascolta.