Il termine deriva dall’arabo al-kimiyah, cioè la chimica, ma pensare a chi si dedicava all’alchimia come a semplici appassionati della trasmutazione dei metalli, perennemente alle prese con forni e alambicchi, equivarrebbe a banalizzare l’ars magna, la grande arte che coinvolse alcune delle menti più brillanti del tardo Medioevo e del Rinascimento.
Insomma: gli alchimisti non si limitavano, come dice la tradizione popolare, a cercare l’elisir di lunga vita, o la formula per trasformare i metalli in oro. I loro reali obiettivi, al di là della facciata di chimici, erano molto più profondi, e in gran parte ancora misteriosi.
Gli alchimisti aspiravano ad accedere alla conoscenza, e con essa alla crescita spirituale. Più che i metalli, miravano a trasformare se stessi. A partire da Ruggero Bacone, un frate francescano inglese vissuto nel ’200, che aveva studiato a Oxford e che fu uno degli uomini più colti del suo tempo, tanto da guadagnarsi il soprannome di Doctor Mirabilis.
Per Bacone la scienza suprema era la matematica: conoscerla e legarla all’esperienza permetteva di modificare la realtà. «Arriveremo a imprimere ai carri incredibili velocità senza l’aiuto di alcun animale» profetizzò. «Arriveremo a costruire macchine alate, capaci di sollevarsi nell’aria come gli uccelli». Bacone non si sbagliava.
Altro illustre alchimista fu Paracelso (1493- 1541), un medico-astrologo svizzero il cui vero nome era Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, ma lui se lo cambiò perché si riteneva ben oltre (para in greco) ad Aulo Cornelio Celso, illustrissimo medico dell’antichità. Al di là dell’arroganza (da lui deriva il termine inglese bombastic), Paracelso ebbe intuizioni notevoli, ed è considerato oggi il precursore della farmacologia moderna.
Convinto che il corpo umano fosse un sistema in cui giocavano un ruolo fondamentale i due tradizionali principi dell’alchimia, lo zolfo e il mercurio (Paracelso aggiunse il sale), introdusse le medicine chimiche, basate su sostanze minerali e non soltanto – come era avvenuto fino ad allora – su quelle organiche.
«Tutto è veleno, e nulla esiste senza veleno. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto» fu il più solido dei suoi principi. Infine, tra gli alchimisti si annovera persino una delle menti più eccelse di tutti i tempi, tra i padri del pensiero scientifico: Isaac Newton.
Pare che lo scopritore della legge di gravitazione universale, nonché ideatore dei fondamenti della meccanica classica (e di molto altro), abbia passato la maggior parte della vita a studiare l’alchimia. Con quali risultati, probabilmente non lo sapremo mai.